Care e cari appassionati di mistero e suspense, avete mai pensato che Thriller Café ha una certa somiglianza con il negozio Cose Preziose dell’omonimo romanzo di Stephen King? Naturalmente senza l’inquietante scritta caveat emptor appesa all’entrata e nemmeno con le diaboliche intenzioni che trama nell’ombra il mefistofelico gestore. Mi piace pensare, però, che chi lo frequenta, chi decide di entrare e farsi annunciare dal tintinnio delle campanelle, ne sia un po’ attratto per la stessa scalpitante sensazione di aspettativa e di curiosità, per quell’ansioso formicolio che fa stare in trepidante attesa.
Ebbene, le sliding doors di Thriller Café quest’oggi mi hanno riservato un’altra piacevole sorpresa: leggere e recensire per voi Pas de Sicile – Ritorno a Candora di Domenico Cacopardo, magistrato e scrittore quasi novantenne di origine siciliana.
In occasione del secolo di vita della costituzione del Municipio, la giunta comunale della cittadina di Candora decide di dare in stampa un testo celebrativo la cui monografia introduttiva sia dedicata a una personalità del posto, tal Siro Sieroni, il quale, grazie alle attività da lui stesso fondate, ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo socio-economico dell’abitato. Del saggio e della preparazione complessiva del volume viene incaricato, in qualità di testimone diretto dell’epoca e in una sorta di riconoscimento tardivo, Domenico Palardo, ex magistrato ed ex segretario generale del Comune di Candora oltre quarant’anni prima.
Dotato di una notevole cultura e di uno spiccato spirito deduttivo, abituato per deontologia professionale ad “ascoltare” e non semplicemente a “udire”, ad essere autorevole e non autoritario, Domenico Palardo non dovrà occuparsi solo di redigere la commemorazione di un personaggio pubblico, ma dovrà vedersela anche di una serie di segreti, inganni e intimidazioni che esso cela e che trovano radice fin nella Seconda Guerra Mondiale. Il tutto incorniciato da un delitto su cui Palardo si sentirà in dovere di indagare, perché per far luce sul passato, su certe misteriose e ignobili azioni condotte dall’uomo, il sospetto è l’anticamera della verità.
Se vogliamo trovare una singola parola a emblema de Pas de Sicile – Ritorno a Candora, è senz’altro assonanza. Assonanza del nome Candora – luogo nato dalla fantasia dell’autore ma che si può benissimo collocare da qualche parte nell’Oltrepò Pavese – con “candore”, suggerito da una sedicente rettitudine nei propositi dei suoi abitanti. Ma c’è l’assonanza anche con “pandora”, che richiama senza dubbio la labirintica realtà sotterranea di sotterfugi, ipocrisie e menzogne che caratterizzano il genius loci nazionale.
E poi ci sono le forti similitudini tra il nome e la figura dell’autore e quelli del protagonista, pressoché suo alter ego, in una trama che si basa su avvenimenti realmente accaduti.
A impreziosire l’armoniosa struttura della narrazione giocano un ruolo importante anche i versi di alcuni dei componimenti più evocativi di Giuseppe Ungaretti posti all’inizio dei capitoli, quasi a mutare il senso di allitterazione in vera e propria eufonia.
Nella nota di prefazione, Domenico Cacopardo ci insegna che non è mai troppo tardi per rinnovarsi, per sperimentare nuovi percorsi e cimentarsi in nuove sfide, dando al contempo voce a un io che, parafrasando Rimbaud, “e’ un altro”.
E a proposito di mutazioni, tra l’altro, Pas de Sicile – Ritorno a Candora è il primo romanzo dello scrittore, diversamente dai precedenti, a non essere ambientato in Sicilia, e quindi, come lui stesso lo definisce, “asiciliano”. E allora cento di questi romanzi, dott. Cacopardo, in cui realtà e finzione si combinano in un metaverso dove l’autenticità e la finzione dei personaggi si amalgamano per concepire un avatar.
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