Oggi agli avventori del nostro Thriller Cafè diamo una buona notizia. Torna in libreria per Piemme Gianluca Ferraris, con un romanzo intitolato “Perdenti”. E torna con un nuovo protagonista, dopo la trilogia del giornalista freelance Gabriele Sarfatti: l’avvocato Lorenzo Ligas. Lo sfondo è sempre la Milano di Sarfatti, che fra parentesi è anche la Milano di Ferraris, una Milano che, sotto la copertina patinata e sfavillante, nasconde esistenze ai margini che sempre più la nostra società sembra rimuovere. Sono le esistenze dei perdenti che Ferraris vuole raccontare, riuscendo per una volta a trasformarli in piccoli protagonisti.

Questi perdenti non sono necessariamente “uomini da marciapiede”, ma popolano un po’ tutte le categorie sociali. Tra di loro, possiamo sicuramente annoverare anche il nostro protagonista, avvocato penalista di uno degli studi più in voga di Milano, che però negli ultimi tempi ha inanellato una serie di sconfitte personali e professionali e si trova a un bivio della propria vita e della propria carriera. In procinto di essere estromesso dai soci dello studio e in difficoltà con la ex-moglie che vuole trasferirsi in Svizzera con l’adorata figlia Laura, Lorenzo si trova tra le mani la difesa di un presunto colpevole di omicidio, uno di quei casi segnati e apparentemente perso in partenza, che però l’istinto gli suggerisce di non lasciar andare.

Sarà proprio difendendo l’ex popstar Giacomo Nava, accusato dell’omicidio di un poliziotto, che Lorenzo Ligas troverà una chiave per proseguire la sua travagliata esistenza. E, gettando luce sulla triste vicenda di Giacomo, un altro perdente travolto da un rapido successo, dalla cocaina e dalla spietatezza dello star-system, Lorenzo avrà modo di capire anche alcune cose di sé stesso.

Ferraris confeziona un’opera decisamente ben riuscita. Riuscita perché lo stile ironico e graffiante coglie nel segno. Le descrizioni dei personaggi e dei luoghi del romanzo sono molto ben fatte e quello che ne esce è un quadro piuttosto spietato di Milano, una città che appare in decadenza, nella quale il successo è spesso dovuto più a comportamenti che travalicano la legalità e la morale, che non a meriti realmente posseduti. Una città che di fianco ai salotti ben curati, ai locali trendy, ai professionisti di successo (che peraltro nella vita privata sono spesso dipinti come cinici, vuoti e arroganti) mostra le periferie fatiscenti, la malavita imperante, la sciatteria dei nuovi ricchi. Una città che più per il quadrilatero della moda si connota per i dintorni della stazione di Rogoredo, dove i protagonisti di vite marginali e devastate, si manifestano in tutta la loro cruda animalità. Come cita lui stesso in un passo importante: “La gente può vivere a Milano ed esserne contemporaneamente sfinita”.

In questo Ferraris rispetta in pieno i canoni del noir. E lo fa anche quando fa trasparire, in modo altrettanto convincente, quegli elementi di critica sociale che caratterizzano il genere: la vita grama dei padri separati, la debordante violenza contro le donne, la devastazione generata dalle droghe e dalle mafie. Senza moralismi e senza illusioni. Ma ancora di più, la critica sociale si allarga fino ad alcune considerazioni che riguardano la direzione che stanno prendendo le vicende dell’Europa e del mondo intero, nelle quali i social sono ormai diventati l’unica reale forma di dialogo e riflessione. Su tutto sembra emergere una considerazione che riassume queste descrizioni, quello che Ferraris chiama il “disprezzo della libertà”, perché “una società che disprezza la libertà non ha mai portato a niente di buono”. Una società insomma che rende schiavi, di droga di social, di sesso.

Tutto perso quindi? Solo disperazione e disagio? Non proprio. La fine, che come in tutti i noir che si rispettino, capovolge i punti di vista, apre alla speranza. E lo fa partendo dalle persone, dalla loro umanità, dal ritorno ai valori di base degli individui, come la voglia di aiutare chi si trova in difficoltà. Lorenzo Ligas resiste quindi. Ed è pronto per una nuova battaglia.

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Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 145 articoli: