Un thriller ambientato nel 1600, la storia di una rabdomante, intrighi e vendette: tutto questo è Pietra è il mio nome, l’ultimo libro di Lorenzo Beccati, autore televisivo che partecipato alla scrittura di numerosi programmi Mediaset (Drive In, Paperissima, Paperissima sprint, Estatissima, e infine Striscia la notizia, “interpretando” la voce del Gabibbo). Al di là di questo suo lavoro nel mondo della televisione, però, Beccati è soprattutto un appassionato di storia, passione che infonde in tutti i suoi thriller storici.
Pietra è la protagonista del suo ultimo libro, disprezzata, temuta, perché nella Genova del 1601 essere una donna ed essere una rabdomante non fa di te certo la prima delle dame di corte. Ma tutti si rivolgono a lei quando c’è bisogno di aiuto: Pietra ritrova sorgenti d’acqua, bambini scomparsi, gioielli rubati. In realtà, Pietra nasconde i suoi talenti fuori dal comune dietro il nome di rabdomante, perché sa che la società del tempo non perdona l’intelligenza in una donna.
Ma questa sua intelligenza la porterà anche a rischiare la vita in prima persona: una serie di delitti, all’apparenza inspiegabili, mette in crisi l’autorità cittadina, che si rivolge ancora una volta a lei. Ma solo perché stavolta è lei, Pietra, la principale sospettata: vicino al corpo di una donna è infatti stata trovata una bacchetta da rabdomante. Chi vuole incastrarla? Chi è il vero assassino, e quali legami ha con le sue vittime? Pietra si ritroverà, da sola, a dover indagare per dimostrare la propria innocenza.
In uscita il 9 gennaio 2013 per Nord, Pietra è il mio nome si candida a essere una delle novità più interessanti di inizio anno in ambito thriller; in attesa di vederlo in libreria ve ne proponiamo un estratto.
Genova, 2 marzo 1601,
venerdì di carnevaleCome da occhi di demoni, le fiamme escono dalle due finestre più in alto del palazzo dei conti de Negri in vico Lepre. Vorticando, colonne di fumo raggiungono il tetto e salgono nel cielo di una notte senza nuvole.
Per strada, nessuno si accorge di nulla. I genovesi sono impegnati a festeggiare «il carnevale dei folli», tirandosi arance e limoni e inseguendosi lungo i carruggi. Un gruppo di musici suona all’angolo di una strada e un bambino corre dietro ai passanti per chiedere un obolo.
«Una moneta per la musica e una per gli angeli!» Alcuni giovani ballano e fanno giravolte, ubriachi d’allegria. Da un carro in movimento, delle bambine, vestite da ancelle, lanciano sui passanti petali di rosa e ridono, come se fosse una marachella.
Solo una figura scura, un’ombra di ragazza alta e magra, addossata al muro della casa di fronte all’edificio che brucia, tiene gli occhi chiari da gatta triste sulle lingue di fuoco che, strisciando, hanno invaso la parte alta del palazzo. Sembra che il suo sguardo alimenti le fiamme. Ha un volto affilato che mostra appena i suoi ventidue anni. Indossa una veste nera che non disegna le forme del corpo e uno scialle che copre le spalle ossute e leggermente curve. Una cintura le cinge la vita sottile, ma senza stringere. I capelli corvini sono raccolti con impegno sulla parte bassa della nuca. Ha labbra carnose e una fossetta le nasce al centro di una sola guancia ogni volta che sorride. Non capita spesso. Le dita sono affusolate e l’indice è lungo quanto il medio. E’ di una bellezza non convenzionale e non usa belletti per esaltarla. Il suo nome è Pietra, ma tutti la conoscono come «la Tunisina».
Finalmente alcuni passanti si accorgono dell’incendio e si mettono a urlare: «Al fuoco! Al fuoco!»
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