Autrice che già abbiamo presentato qui al Thriller Café col suo precedente romanzo, Roberta Melli è da poco tornata in libreria col suo nuovo thriller: Possessione, uscito sempre per i tipi di Leone Editore.
Iniziamo a scoprirne la trama.
Isabella Corato è un medico psichiatra che lavora come aiuto primario all’ospedale civile di Vicenza; Sergio Pozzi un entomologo forense al suo primo incarico come docente universitario di Entomologia Forense presso la sede di Trento.
Assieme si trovano coinvolti in due vicende apparentemente sconnesse ma in realtà collegate.
La prima è la serie di omicidi legati ad ambienti universitari che sconvolgono il capoluogo trentino: fin da subito vengono collegati a un’unica banda che si firma dopo ogni delitto usando il sangue dalle vittime con il nome di The Wolf . Dato il ritrovamento di vari tipi di larve sui cadaveri, il prof. Pozzi viene incaricato di collaborare alla fase investigativa dal Comandante Giuseppe Giuliano del Reparto Investigazioni Scientifiche della Polizia di Stato.
La seconda è il difficile caso di Anna, una bambina internata con TSO (trattamento sanitario obbligatorio) che la dottoresse Corato accoglie nel suo reparto. Anna presenta dei sintomi attribuibili a una rara forma di sindrome di schizofrenia paranoide, ma i genitori e il prete della parrocchia l’avevano trattata come posseduta dal demonio.
Cos’hanno in comune i due fatti? Isabella e Sergio si troveranno a scoprirlo mentre i delitti si susseguono in un crescendo sempre più inquietante, e sembrano seguire pedissequamente lo stesso disegno deviato di una banda che aveva effettuato degli efferati omicidi quasi trent’anni prima proprio a Trento. Impossibile si tratti dei componenti originari: questi stanno ancora scontando gli ultimi mesi dell’ergastolo nel carcere di Vicenza, ma tra poco torneranno in libertà…
Il titolo del romanzo, Possessione, sicuramente ci lascia immaginare una parte importante dell’intreccio narrativo che non manca di richiamare echi del famosissimo L’esorcista, ma il libro di Roberta Melli resta sempre nei binari chiari del thriller evitando di strizzare facilmente l’occhio al sovrannaturale. Alcuni passaggi restano comunque di forte impatto sul lettore:
Don Carlo non conosceva Anna, perché la ragazzina era arrivata dopo il suo ultimo giro tra i degenti, quindi non poteva prevedere quello che sarebbe potuto succedere. Anche se si fosse accorto delle cinghie, non avrebbe avuto sospetti: non era così inconsueto, in quel reparto, trovare pazienti legati.
Isabella sentiva il cuore batterle velocissimo nel petto mentre attraverso il vetro a specchio vedeva la porta aprirsi: Anna, come se avesse avuto un radar, si girò di scatto verso il prete e gli lanciò uno sguardo talmente ferino che lei stessa si sentì gelare il sangue. Don Carlo non ci fece caso, probabilmente perché voleva prima benedire la stanza e poi andare a conoscere la ragazzina. Era concentrato sull’aspergere l’acqua e pronunciava la frase di rito: «Christus mansionem benedictat…»
«Esci immediatamente di qui, se non vuoi morire.» La voce della bambina uscì rauca, maschile, fortissima e sprezzante.
«Scusa» disse l’uomo, che non aveva ben compreso cosa stesse succedendo «hai detto qualcosa?»
«Se tu, la tua veste schifosa e quell’acqua immonda non andate via di qui subito, giuro che ti stacco a morsi la carne dalla faccia!»
A quel punto c’era poco da fraintendere, e Isabella cominciò a sentirsi terribilmente preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere per colpa sua. Il letto di Anna cominciò a tremare in modo parossistico, tanto che sembrava fosse pronto a ribaltarsi se solo il corpo della bambina, che si dimenava sbattendo a destra e a sinistra sulle sponde di ferro emettendo una specie di latrato assordante, avesse aumentato anche di poco il ritmo.
Don Carlo, invece di spaventarsi, si avvicinò al letto recitando qualcosa in latino, incurante delle urla, delle bestemmie, delle offese, degli sputi e delle terribili minacce che coprivano la sua voce. Isabella temette che nella registrazione non si sarebbe sentito nulla di quello che diceva alla ragazzina.
Quando l’uomo alzò la mano destra e cominciò a spruzzarle l’acqua sul viso e sul corpo, Anna cominciò a urlare di dolore e Isabella vide chiaramente la pelle arrossarsi dove veniva colpita dalle gocce d’acqua.
Il fiato le era divenuto corto, il cuore impazzito, le tremavano le mani: Isabella ebbe la sensazione che la paura che stava provando potesse anche farla svenire, fino a che, finalmente, il prete si decise a uscire dalla stanza e Anna rimase lì a urlare dal dolore, ma senza più cercare di ribaltare il letto.
Isabella lasciò la telecamera accesa e uscì dalla stanza per incontrarlo, anche per alleviare un po’ il proprio senso di colpa.
Siamo di fronte a un romanzo che lascerà il segno? L’autrice ci ha abituato in passato a prove meritevoli di attenzione e le premesse per una lettura incalzante ci sono tutte. Se sarete posseduti anche voi dalla lettura, sarà buon segno.
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