Continua il viaggio di Bruno Arpaia nei vasti territori della narrativa, e questa volta l’autore campano sceglie di addentrarsi nei poco esplorati territori della climate fiction con Qualcosa, là fuori, pubblicato recentemente da Guanda.
La cli-fi è genere ancora poco praticato in Italia, ma all’estero conta molti autori entusiasti, fra i quali spiccano anche nomi celebri quali Margaret Atwood o Ian McEwan, ed è un sottogenere che permette, oltre all’intrattenimento del lettore, anche riflessioni importanti sul mondo contemporaneo e il futuro prossimo che ci aspetta.
Bruno Arpaia ci ha da tempo abituati a una produzione cangiante, in grado di incuriosirsi e occuparsi di varie tematiche, tutte importanti, trattate con uno stile che riesce a richiamare anche il lettore disimpegnato, avvincendolo quindi con interessanti riflessioni sospese fra passato e futuro.
La sua è una continua indagine dell’animo umano e dei guasti sociali che abbiamo vissuto e che ci attendono prossimamente e, per struttura, respiro e ambizione, questo Qualcosa, là fuori potrebbe essere la sua produzione più importante.
In un futuro prossimo, l’Europa è profondamente cambiata: i mutamenti climatici l’hanno trasformata in un continente disperato che, ogni giorno di più, assomiglia a un moderno deserto. Fra fiumi completamente aridi, edifici abbandonati, polvere ed estati intollerabili, gli esseri umani si arrangiano come possono e in molti ormai cercano di migrare verso la Scandinavia e vari altri territori del circolo polare artico, considerati gli unici luoghi dove sia possibile sopravvivere, costruirsi una vita e stabilire insediamenti duraturi.
Livio Delmastro sembra avere meno motivi per continuare a sopravvivere rispetto a tante altre persone: professore di neuroscienze ormai in là con gli anni, ha vissuto buoni momenti quando insegnava a Stanford e ha vissuto felicemente accanto alla sua compagna e figlio. Purtroppo, rientrato in Italia, ha trovato un Paese in ginocchio, devastato da corruzione, violenza, scontri etnici e inarrestabili sconvolgimenti sociopolitici.
In Italia Delmastro ha dovuto seppellire i suoi cari e, ormai solo, si è trascinato stancamente per ben sedici anni, attendendo la morte, incapace di vivere e impaurito dal suicidio. Ora, in un ultimo rigurgito di vitalità e voglia di andare avanti, il professore diventa uno dei tanti “migranti ambientali”, persone disposte a ogni tipo di rischio e pericolo che attraversano l’Europa, affrontando sete, criminali e fame, pur di arrivare all’Eden rappresentato dai territori a Nord.
Nonostante la sua drammatica urgenza, che dovrebbe spingerlo in cima alle problematiche mondiali, il cambiamento climatico non è ancora percepito come tematica cruciale da molte persone e questo Qualcosa, là fuori è titolo doppiamente importante.
Bruno Arpaia infatti, oltre a sottolineare l’urgenza della tematica, ci mette nei panni dei migranti, di tutte quelle persone che non vorrebbero ma sono costrette dagli eventi ad abbandonare la loro casa e patria per sopravvivere.
E vestire i panni degli altri, camminare nelle loro scarpe, è sempre esercizio fondamentale per diventare pienamente umani.
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