Su Thriller Cafè, oggi, la recensione di un libro scritto a quattro mani: Claudio Arbib e Rodolfo Rossi sono gli autori; Quattro e quattro otto, il titolo.
Trama in sintesi
Roma. Il “solito” commissario svolge la “solita” indagine sul “solito” omicidio senza un nome e senza un perché. Man mano che la vicenda si dipana però il commissario Corvino scopre inaspettate e insospettabili relazioni tra la carriera ecclesiastica di un alto prelato, la morte prematura di un giovanissimo orfano e gli impicci di delinquenza piccola e grande.
Le cose poi si complicano.
Il tutto in una partita dove perfino la pittura manierista e i Cavalieri di Malta giocano un ruolo cruciale. E il più ovvio dei commissari precipita nel gorgo della meno ovvia delle storie…
Questo è un romanzo poliziesco scritto a quattro mani da un musicista (Rodolfo Rossi) e un ingegnere (Claudio Arbib). Entrambi prima di iniziare la storia si sono posti una domanda essenziale: quale tratteggio psicologico dare al protagonista della storia, il commissario di Polizia Corvino?
La risposta è tutta nella postprefazione scritta alla fine del libro.
Se uno vi dicesse che ci sono molti commissari di Polizia che amano cucinare o che sono appassionati di pesce, perché non dovreste crederci? In fin dei conti il nostro è un Paese bagnato da tre mari e con tradizioni culinarie nobili e varie. Ora nella storia che vi abbiamo raccontato si parla di un commissario di polizia non di primo pelo, patito della cucina di mare che pratica tra le mura di casa con una certa abilità. Però i commissariati italiani sono migliaia (cinquantuno solo quelli che dipendono dalla questura di Roma, e di questure in Italia ce ne sono 103) e fra tutti questi servitori dello stato non era in fondo altrettanto plausibile, almeno per cambiare, che il nostro fosse uno di quelli che detestano le spine e sono incapaci di cuocersi un uovo?
In effetti si può ben supporre che la maggior parte dei commissari abbia vizi e virtù degli italiani ritenuti normali: fuma qualche sigaretta, o beve con moderazione, ama la famiglia, guarda la TV, frequenta centri commerciali, evada qualche piccolo balzello e, considerando i politici indistintamente dei ladri, non si fa problemi a votare all’occorrenza il più ladro di tutti. I tempi che corrono autorizzano a immaginare alcuni, pochi, che condividano perfino qualcuna delle abitudini degli italiani a ragione o a torto ritenuti meno normali, per esempio il gioco d’azzardo, le puttane o qualche droga cosiddetta leggera. Ma allora perché parlare di commissari amanti del pesce o della cucina?
Il fatto è che presentare un commissario con i difetti che abbiamo elencato incontrerebbe ostacoli di vario tipo: i governi europei stanno facendo grandi sforzi per prevenire le malattie derivate dall’alcol, dal fumo e da altri eccessi, e ci mancherebbe solo un messaggio positivo sul versante della droga. Per quanto riguarda le abitudini alimentari, l’alta incidenza di malattie cardiovascolari che ci ritroviamo qui da noi, sconsiglia di fare troppa pubblicità a cibi come la carne, per tacere delle sterili polemiche che potrebbero sorgere con vegetariani e animalisti. Il pesce è una buona via di mezzo: anche se si tratta pur sempre di animali, le sue virtù nutritive – fosforo, pochi grassi, omega-3 – e ne fanno un soggetto senza dubbio adatto alla mensa di un tutore dell’ordine, o almeno di un avversario del disordine alimentare. A tutto questo si aggiunga che un uomo in cucina attira sempre la simpatia delle massaie, le quali, statistiche alla mano, risultano tra le più appassionate lettrici di storie poliziesche.
Tirando le somme, prima di scrivere questa storia abbiamo verificato se il commissario che ce l’ha raccontata ricadesse o no in una categoria spendibile in un giallo per famiglie e politicamente corretto. Siamo stati pure troppo fortunati.
In caso contrario, avremmo dovuto scrivere un noir o uno splatter e consigliarvi di tenerlo lontano dai bambini e adolescenti.
Il risultato alla fine è quello di avere creato un personaggio ordinario, con le intrinseche contraddizioni dell’uomo moderno, che si muove all’interno di una trama gialla colta e garbata, dove è proprio la trama in se stessa, la parte godibile del romanzo. I personaggi del commissariato, dottor Corvino in primis, fanno solo da contorno, o meglio, servono diligentemente l’opera narrativa.
L’indagine in sé è molto originale, intercalata da ottimi déjà-vu che hanno il sapore di storia, con rimandi ad antiche memorie all’interno di un mondo, da sempre in mano al potere e ai potenti.
Quattro e quattro otto è una lettura diversa, lontana dai soliti stereotipi americani tutto sangue e tormento, tecnologia e volgarità. È una lettura moderna e raffinata al tempo stesso. Forse un po’ più
di mordente, o qualche battuta di spirito avrebbe dato al libro un maggiore godibilità, ma come ho detto all’inizio, i personaggi sono del tutto comuni e proprio per questo, credibili.
Credo proprio che possiamo dare la nostra fiducia al commissario Corvino.
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