Ci sono episodi di cronaca che segnano la vita di un Paese. Oggi vi parlerò di uno di questi: il cosiddetto massacro del Circeo. Lo faccio grazie al bel romanzo uscito da Newton Compton che narra questa vicenda, scritto da un giornalista (cronista di “nera”), Massimo Lugli, e un poliziotto, Antonio Del Greco, già autori di numerosi altri romanzi “poliziotteschi”, quasi sempre ispirati a fatti realmente accaduti. Il titolo, che rimanda subito al cuore del contenuto è “Quei bravi ragazzi del Circeo”.
La trama ripercorre la tristissima e nota vicenda di Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, due giovani ragazze romane, condotte con l’inganno, nel tardo pomeriggio del 29 settembre 1975, in una villa isolata del Circeo da tre ragazzi della Roma bene, Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, legati all’estremismo di destra capitolino. Nella villa, le due ragazze furono stuprate e seviziate per ore dai tre e alla fine, dopo essere state massacrate di botte, chiuse nel bagagliaio di un’auto e riportate a Roma. Rosaria era già deceduta nella villa, mentre Donatella, fintasi morta, riuscì a farsi sentire dalla macchina e fu liberata. Il romanzo racconta non solo la cronaca di quella terribile notte, ma anche le vicende giudiziarie e le inchieste che si sono succedute nel tempo. Il tutto in una versione rielaborata, con nomi diversi da quelli reali (Donatella e Rosaria diventano Daniela e Rossana e con due protagonisti creati ad hoc, il giornalista di cronaca nera Fabio Corsi e il vice Questore Fortunato Achei.
Il romanzo ha una sua struttura narrativa molto solida e segue un ritmo incalzante, dove l’incedere degli eventi è l’assoluto protagonista, senza spazio per divagazioni di nessun tipo. Il registro si adatta ai due protagonisti che sono due personaggi popolari, appassionati del loro lavoro e poco inclini alle scorrettezze e la scelta della scansione temporale è, oserei dire, perfetta. Dilatata nei momenti topici della vicenda, più rarefatta dove è necessario solamente scandire la cronistoria degli avvenimenti. La Roma del tempo è fotografata alla perfezione, in modo molto asciutto e minimale, senza ricamature e fronzoli, ma allo stesso tempo con tutti gli ingredienti che occorrono per trasmettere lo spirito dei tempi.
C’è una preziosissima nota a fine libro dei due autori che ci dà qualche chiave di lettura di quest’opera. Si dice, giustamente, che questa vicenda ha attirato fin da subito l’attenzione dell’opinione pubblica non solo per la ferocia del gesto, ma anche perché, plasticamente, rappresentava la divisione netta, incontrovertibile e molto evocativa tra i figli di una borghesia spaventata e decadente e le figlie di una classe popolare in ascesa. Ma non solo questo Lugli e Del Greco puntavano a rappresentare, ma anche lo spartiacque tra un’epoca di protesta in cui la violenza era una degenerazione patologica a un’altra nella quale le armi, la violenza e i massacri diventano quasi l’abitudine, aprendo la strada alla stagione eversiva più cruenta e crudele che l’Occidente abbia mai conosciuto. Quella notte, verrebbe da dire (che ha preceduto di poco più di un mese un altro massacro, quello di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia) si è valicato un limite, si è aperta la strada a una scia di sangue che sarebbe durata anni.
Ma quello che a mio avviso è uno dei maggiori punti di forza del romanzo è la straordinaria capacità di rappresentazione “fotografica” degli avvenimenti. A cominciare da una tragica e insieme anche un po’ liberatoria immagine che ha segnato la storia degli eventi di cronaca nera in Italia. Il volto di Daniela/Donatella che fa capolino dal bagagliaio della 127 bianca nella quale era stata abbandonata dai suoi torturatori. Leggendo Lugli e Del Greco non si può non andare con il pensiero alla celebre foto scattata dal reporter Antonio Monteforte che è il triste emblema di una vicenda che il nostro Paese non potrà mai dimenticare.
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- Editore: Newton Compton Editori
- Autore: Massimo Lugli , Antonio Del Greco