Quello che non uccide di David LagercrantzPubblicato da Marsilio il 27 agosto in contemporanea mondiale, Quello che non uccide, è il quarto episodio della saga Millennium creata da Stieg Larsson e proseguita ora da David Lagercrantz.

Frans Balder, genio dell’informatica e autorità mondiale nel campo dell’intelligenza artificiale, lascia il lavoro nella Silicon Valley e torna in Svezia per occuparsi di suo figlio August, autistico. Attorno a questa decisione ruota tutta una serie di eventi che coinvolge le agenzie di spionaggio di diverse nazioni ed una potente organizzazione criminale russa fatta di black hats (gli hacker “cattivi”) ma anche di malviventi dediti ad attività più all’antica come il ricatto e l’omicidio. Nel misterioso intrico si inseriranno anche due personaggi che chi ha già incontrato non può aver dimenticato: Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander. Il libro segna dunque il ritorno di una delle coppie letterarie più amate degli ultimi anni, appuntamento che tutti i fan attendevano con trepidazione e con un po’ di paura, nel timore che questa operazione si rivelasse meramente commerciale.

La rivista di Mikael Blomkvist è in crisi: pratica con ostinazione un giornalismo d’inchiesta senza compromessi, ma da tempo non pubblica uno scoop interessante ed oltretutto è assente, come il suo fondatore, dal mondo dei social network, un peccato capitale nella comunicazione contemporanea. La Serner, un grosso gruppo editoriale, ha approfittato della situazione acquistando una quota di Millennium ed ora vuole imporre una svolta glamour alla rivista d’inchieste più prestigiosa di Svezia. Non solo: il prezzo da pagare per il sostegno economico del colosso del giornalismo è l’esclusione di Mikael dalla redazione. Soltanto una notizia bomba può risollevare la sorte di Blomkvist e soci permettendo loro di rimanere indipendenti. Un incontro con Balder potrebbe dunque essere provvidenziale, dato che quest’ultimo sembra conoscere segreti scottanti sui rapporti tra la sua ex azienda e la criminalità russa; un intreccio che getta una luce oscura sulla sorveglianza di massa in cui l’enorme flusso di informazioni può essere usato per tornaconti privati tutt’altro che leciti. Ma quando il giornalista si presenta da lui, l’informatico è appena stato ucciso; rimane solo il figlio autistico: ammesso che sappia qualcosa, la sua condizione non gli permette però di interagire con gli altri. Ciononostante, August è un testimone prezioso e va protetto dagli assassini di suo padre che vogliono terminare il compito lasciato a metà; dovrà occuparsene Lisbeth, l’eroina punk dal passato violento e totalmente aliena alle norme della convivenza civile, che nasconde sotto il suo chiodo nero un’intelligenza irregolare ma incontenibile ed un’energia vendicativa spaventosa. Mikael, che aveva perso i contatti con lei fino a non sapere nemmeno dove si trovasse, dovrà faticare parecchio per coordinarsi con la giovane hacker, poco propensa a fidarsi degli altri, soprattutto in una situazione come questa: è infatti evidente che c’è una talpa che aiuta i criminali russi, ma dove si nasconde? Nella polizia? O addirittura nella redazione di Millennium?

Nella loro strana e contorta indagine, i due protagonisti agiscono per il medesimo fine ma parallelamente, senza mai incrociarsi sul campo, tanto da lasciare il lettore con l’acquolina in bocca in vista di una vera e propria reunion che si preannuncia scoppiettante e che magari avrà luogo in uno dei prossimi volumi che sicuramente arriveranno visto che a quanto pare il progetto originale di Larsson prevedeva un totale di dieci libri.

 

Secondo Blomkvist, la Svezia è diventata un paese di cui vergognarsi: “Le periferie sono in rivolta, un partito apertamente xenofobo è stato eletto in parlamento, l’intolleranza cresce, il fascismo avanza e dappertutto ci sono mendicanti e senzatetto”; questi temi, che nella trilogia erano ingredienti essenziali all’ambientazione e dipingevano una nazione che si scopriva infetta, in questo quarto capitolo lasciano spazio a riflessioni su altri argomenti, non meno contingenti. Lagercrantz ci introduce nel mondo delle reti neurali, dei processi digitali quantistici e della cifratura basata sulla difficoltà dei computer (anche di quelli più avanzati) nella fattorizzazione in numeri primi; concetti molto interessanti e di stretta attualità ma non semplicissimi da afferrare; a mantenere comunque l’attenzione del lettore ci penseranno gli sviluppi della trama e riferimenti più comprensibili, come quelli alla memoria eidetica, la capacità di ricordare nei minimi dettagli ciò che si è visto anche solo per un istante tipica di alcune forme di autismo, come quella che affligge August. Il bambino è un savant: incapace di compiere semplici azioni della vita quotidiana, possiede un talento eccezionale nel disegno, riuscendo a riprodurre con una precisione matematica impressionante ciò che ha guardato.

Sicuramente gli studi di Balder sono estremamente affascinanti: cosa succederebbe se riuscissimo a creare un computer più intelligente di noi, capace oltretutto di migliorarsi da solo allargando il divario tra il nostro cervello ed il suo? La cosiddetta singolarità elettronica determinerà la fine della razza umana?

Se qualche anno fa il talento di Lisbeth Salander era margini della società, ora ne costituisce il cuore: tra lo spionaggio mondiale dell’NSA e le guerre informatiche sotterranee, gli hacker sono diventati il simbolo di quest’epoca, paladini della libertà o minacce a seconda della parte della barricata da cui li si guarda. Il potere passa dai byte dei computer ed il confine tra difesa della sicurezza nazionale e Grande Fratello globale è talmente labile che capita di trovare criminali nelle agenzie governative e piccoli eroi della trasparenza nel sottobosco delle darknet.

“Ormai ci si picchia per assicurarsi gli hacker più in gamba”

“Adesso che siamo diventati tutti criminali”.

 

Ma perché Lisbeth, ancora prima di incappare in August, si era interessata tanto a questa banda di malviventi? Il ritorno dal passato di una vecchia conoscenza chiarirà questo mistero. Sembra proprio che Salander non riesca a liberarsi dei suoi fantasmi. Dopo aver affrontato i rigurgiti nazisti e gli uomini che odiano le donne, il nemico che si trova davanti è altrettanto spietato e forse ancora più difficile da sconfiggere: una donna enigmatica, dalla bellezza irresistibile, abilissima a sfruttare il suo fascino per ottenere il potere riducendo le sue vittime a larve umane completamente assoggettate. Una forza malvagia che incanta tutti, mettendo i brividi.

 

A quanto ho potuto capire cercando su internet, pur esistendo appunti di Larsson per una continuazione della trilogia, Lagercrantz non ha attinto al materiale preesistente e questo libro è dunque un frutto totalmente suo. Sicuramente il cambio di scrittore si sente: se la memoria non mi inganna (sono passati anni da quando divorai i primi tre romanzi) lo stile è molto diverso. Quello che non uccide è più americano: descrittivo, con la suspense sapientemente calibrata, ricco di aneddoti reali coinvolgenti; l’autore fa largo uso del cambio di prospettiva, passando da un protagonista all’altro in un montaggio alternato che nei momenti più concitati aumenta la tensione posticipando il finale di scena, talvolta addirittura tornando indietro di qualche secondo nello scambio di testimone tra personaggi.

Può la valutazione finale prescindere dal confronto coi precedenti libri? Forse sì, ma se tutta l’operazione ha (ovviamente) puntato sulla continuità, da lettore mi arrogo il diritto di parlare del romanzo di Lagercrantz con un occhio a quelli di Larsson: il miracolo non si è compiuto, non basta convocare Lisbeth e Mikael per farne resuscitare l’autore. Nonostante alcune ingenuità espositive e qualche riepilogo di troppo Quello che non uccide è, soprattutto nella prima parte, un buon thriller ma resta lontano dai suoi archetipi, di tutt’altro livello in quanto a psicologia dei personaggi e capacità fascinatorie.

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Articolo protocollato da Nicola Campostori

Laureato in Scienze dello Spettacolo, vive nella Brianza tossica. Attualmente lo puoi trovare in biblioteca, da entrambe le parti del bancone. Collabora con "Circo e dintorni". Ama il teatro, e Batman. Ha recitato, a volte canta, spesso scrive, quasi sempre legge. Nutre i suoi dubbi, ed infatti crescono bene.

Nicola Campostori ha scritto 76 articoli:

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