Può una storia d’amore sperare di sopravvivere all’ineluttabile scorrere del tempo? Una relazione impossibile nata più di novecento anni fa tra un cavaliere guelfo e una principessa ghibellina, figlia nientemeno che del potente Federico II di Svevia?
E possono forse un gruppo di quattro paleo patologi sperare di togliere alla Storia ciò che per tanto tempo ha tenuto nascosto per sé? Possono delle povere ossa raccontare fatti, avvenimenti, vicende di ciò che erano in vita?
A darci qualche risposta ci ha pensato Alessia Gazzola che, con il suo Questione di Costanza, torna a farci divertire con il suo brio d’impatto, ironica, senza però mai scivolare nel sarcasmo.
Costanza Macallè, anatomopatologa fresca di laurea, è costretta a spostarsi dalla calda Sicilia alla fredda e nebbiosa Verona per un lavoro che, tra parentesi, non le piace nemmeno. Ha vinto, infatti, un concorso per paleopatologia: un solo posto messo in palio e lei ha avuto l’ardore di arrivare seconda.
Su quanti? Su due, naturalmente.
Nonostante il totale distacco che sente per quel nuovo mondo, s’impone di tenere duro per sua figlia Flora e, mentre deve sperare di sopravvivere un anno, sogna di fare il grande passo e andare a trovare fortuna in Inghilterra.
Eppure la terra oltre lo stretto continua a rimanere un miraggio, anche e soprattutto perché sarà proprio lei a trovare i resti di un cavaliere duecentesco nel sito di Montorio cui l’Istituto sta lavorando.
Con la minaccia di chiudere entro fine anno e perdere il posto di lavoro, tutti si mettono all’opera per cercare di trarre quanto maggior profitto da quei poveri resti: Anselmo, Sarah e l’indecifrabile professor Melchiorre che dirige la troupe.
Chi è quello scheletro? E perché è stato sepolto con una treccia di capelli? Sarà proprio questo mistero a intrigare Costanza che, nonostante sia inizialmente scettica, darà il suo apporto fondamentale alla ricerca.
E farà anche di meglio: troverà il padre di Flora, un tizio di cui conosce solo il nome, Marco, con il quale aveva perso i rapporti tre anni prima.
Verona sarà davvero stata la decisione migliore?
Alessia Gazzola ci regala un altro romanzo incentrato sulle avventure di una protagonista stramba, impacciata e che ricorda, per certi versi, la ben più famosa Alice Allevi. Nonostante ciò, il romanzo si lascia leggere visto il ritmo incalzante e scorrevole.
Con la sua penna, Alessia Gazzola ci mostra una drammaticità profonda dell’essere umano moderno: sebbene sia il primo di una trilogia, i personaggi maturano e si lasciano vivere attraverso le pagine. Ci sono vicini proprio perché vivono le nostre stesse spensieratezze e tragicità, in un inscindibile duo che da sempre l’uomo cova dentro.
Questione di Costanza fa sorridere, soprattutto per le scene in cui è presente Florabella – per cui Alessia Gazzola ha preso spunto da sua figlia Bianca – nomignolo con cui i lettori conoscono la figlia di Costanza Macallè.
Ciononostante, la risata è in perfetto equilibrio con una triste rappresentazione della realtà d’oggi, dove il Sud si sta progressivamente spopolando a beneficio del Nord e l’estero è sempre un’opzione più allettante della nostra patria.
Costanza è una di noi, è il prototipo perfetto di eroina che vive un’esistenza tragica ma felice, in un funambolismo che trova equilibrio. È una boccata d’aria fresca, la prova che la vita ricomincia, seppur con fatica, e che premia chi sa arrivare fino in fondo.
Flora è l’esempio perfetto per dimostrare che Costanza sa rialzarsi e andare avanti. Con qualche anno di ritardo, è vero, ma lo fa. Riesce a superare la riluttanza e il dolore per il passato e lo affronta di petto.
A fare da sfondo alle vicende della Macallè, la storia d’amore che si consuma tra Biancofiore di Hohestaufen e Aldegar Von Dannenberg saprà incuriosire ogni lettore, anche il più restio al genere rosa.
Si tratta di un amore proibito che porterà la prima alla clausura e il secondo alla morte, il contrappunto ideale per evidenziare come sia difficile per la scienza moderna tendere la mano al passato per comprenderlo, capire ciò che è stato senza poter aver un minimo di riscontro dall’altra parte.
In una sola parola, potremmo definire questo romanzo connubio: tra vita e morte, passato e presente, sogno e realtà.
In tutto questo ci aiuta Alessia Gazzola, col suo stile conciso, sobrio, ma altamente espressivo come pochi altri, ci fa lasciare il libro con la sensazione di aver trovato una buona amica in Costanza.
Da non perdere!
Recensione di Davide Pietrafesa.
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