Il 29 marzo Einaudi ha dato alle stampe Rancore, il secondo capitolo della nuova serie gialla ideata da Gianrico Carofiglio, con protagonista l’ex Pubblico ministero milanese Penelope Spada. Rancore segue a La disciplina di Penelope, edito da Mondadori nel 2021.
Tra una sigaretta e una confidenza col titolare, Penelope Spada riceve, nel retro del bar di Diego, la sua nuova cliente, Marina Leonardi, che vorrebbe assumerla perché indaghi sulla morte del padre, un eminente chirurgo, avvenuta due anni prima. L’uomo è morto per cause naturali – un infarto che l’ha colpito durante la notte mentre era in casa da solo – ma la figlia è convinta che la nuova moglie dell’uomo, di trent’anni più giovane, sia implicata nella sua morte. Ciò che Penelope non può prevedere è la scossa che le provocherà sentire il nome del morto, un nome che ha a che fare con il suo passato, con l’errore che la portò a lasciare quel lavoro che tanto le manca. Nonostante sia pressocché impossibile scoprire qualcosa, Penelope accetta l’indagine… perché è troppo forte il richiamo di quel nome e di quel mondo.
Che Gianrico Carofiglio scriva divinamente non è in discussione; che i suoi libri siano sempre costellati di preziose citazioni letterarie, musicali, artistiche in generale non si discute… tuttavia c’è qualcosa, nella serie di Penelope Spada, che non persuade fino in fondo. Parlando del primo libro, La disciplina di Penelope, avevo scritto che “convince ma non soddisfa” e che sarei rimasta in attesa del secondo capitolo per capire quanto e cosa aspettarmi da questa serie. Ebbene, a lettura conclusa, Rancore mi è sembrato migliore rispetto al libro precedente, più convincente, più solido, ma ancora non basta. Probabilmente il problema è proprio la protagonista, Penelope, che non è abbastanza incisiva, non si distingue, non si stacca abbastanza dal mucchio, non rimane troppo impressa per qualcosa in particolare e quindi non crea empatia e voglia di ritrovarla in prossime indagini. Questo non vuol dire che Rancore sia un cattivo giallo, tutt’altro: l’indagine – sebbene un po’ piatta – ha profili d’interesse, fa incursioni in un mondo, quello della Massoneria, che ha sempre un certo fascino sui “profani”. Inoltre il libro fornisce quelle risposte sulla vita privata e soprattutto lavorativa dell’ex PM che attendevamo dopo il primo capitolo… Sì, finalmente comprenderemo meglio perché questa donna piena di contraddizioni, testarda e intransigente con tutti e prima ancora con se stessa, non è più un magistrato, sebbene questo mestiere ce l’abbia nell’anima.
Quindi sì, Rancore è promosso con le dovute precisazioni, ma sulla serie la riserva è tutt’altro che sciolta. Posso tuttavia affermare, con rammarico e senza tema di smentita, che Penelope Spada non è l’avvocato Guerrieri (il personaggio che ha reso celebre Carofiglio), ma d’altro canto, Guerrieri è inarrivabile e imbattibile, almeno per me.
Gianrico Carofiglio, dal canto suo, non ha bisogno di presentazioni. È nato a Bari nel 1961, è un ex magistrato ed ex politico, è appassionato di arti marziali, è sposato ed ha due figli. Ha esordito nella narrativa nel 2002 con il legal thriller Testimone inconsapevole, con cui si apre la serie dell’avvocato barese Guido Guerrieri. A Testimone inconsapevole sono seguiti Ad occhi chiusi, Ragionevoli dubbi, Le perfezioni provvisorie, La regola dell’equilibrio e La misura del tempo. Da tre libri è composta, invece, la serie del maresciallo Pietro Fenoglio (Una mutevole verità, L’estate fredda e La versione di Fenoglio). Inoltre Carofiglio ha scritto numerose raccolte di racconti, saggi, romanzi non gialli da alcuni dei quali sono stati tratti anche dei film.
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