Preparatevi: al Thriller Café stiamo per parlare di un libro storico, importante per tutta la narrativa horror dagli anni Settanta ad oggi: si tratta di Ratman di Stephen Gilbert, da pochissimo ripubblicato in Italia da Tre editori in una nuova edizione.
Scritto nel 1968 con il titolo originale di Ratman’s notebook (Diario di Ratman), il libro fu pubblicato in Italia per la prima volta da Rizzoli nel 1971, stesso anno dell’uscita del film Willard di Daniel Mann con Bruce Davison e Ernest Borgnine, tratto proprio da Ratman (magari qualcuno ricorderà il remake del 2003). L’edizione di Tre editori del 2019 è arricchita, in appendice, dal saggio Il signore dei ratti di Andrew Doyle, ovvero la storia di Stephen Gilbert e dei suoi leggendari personaggi.
Ma veniamo alla trama. “Mamma dice che ci sono dei ratti tra le rocce del giardino”: è la frase fatidica che dà inizio a tutto. Se in un primo momento colui che scrive il diario – che chiameremo Ratman – ha intenzione di trovare un modo per eliminare i molesti roditori, ben presto si rende conto di non riuscire a farlo, tanto più che capisce che alcuni di essi riescono a capire il linguaggio umano. Così Ratman comincia ad allenarsi a comunicare con loro. Arriva persino ad affezionarsi e da qui a concepire di utilizzarli per la sua personale vendetta il passo è breve: proprio come i ratti, infatti, il protagonista è un emarginato, un solitario, uno che non è ben voluto dalla società. È facile, quindi, che veda un legame e familiarizzi con gli animali fino a mettersi a capo di quest’esercito di emarginati. Il destinatario principale della vendetta di Ratman sarà il suo capo, l’odioso Mr Jones che lo tratta con superiorità, non lo rispetta e vorrebbe licenziarlo per assumere qualcun altro che gli costi meno. Il narratore descrive i suoi piani attraverso dettagli inquietanti, che mostrano le fasi della sua vendetta nei confronti non solo del suo capo, ma di un mondo nel quale si sente un fallito, dal quale non si sente accettato. Così il romanzo, a metà tra thriller e horror, si sviluppa tra atti di vandalismo e furti, fino a concludersi con un delitto formidabile, uno dei più memorabili della storia dell’horror.
Ambientato a Belfast, Ratman, a quanto ci risulta, è finora l’unico romanzo tradotto in italiano dello scrittore irlandese Stephen Gilbert nato nel 1912 e morto quasi centenario nel 2010. Piccola curiosità: pare che questa storia sia una moderna rivisitazione della leggenda tedesca del “Pifferaio di Hamelin” o pifferaio magico”, nata nel XIII secolo. Pare che nella città di Hamelin (bassa Sassonia) vi fosse un suonatore di piffero magico in grado di accalappiare i ratti. Il sindaco lo ingaggiò per liberare la città da questi animali che, peraltro, si diceva diffondessero il bacillo della peste, ma quando non fu pagato per il servizio reso, il pifferaio si vendicò ipnotizzando i bambini con la sua musica e portandoli via con sé per sempre.
A quanto pare, nella versione moderna, Gilbert ha saputo ingaggiare i ratti al proprio servizio per scopi ben più macabri… e c’è chi afferma che il suo libro abbia influenzato anche autori come Stephen King e James Herbert.
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