Raymond Chandler nasce il 23 luglio 1888 a Chicago, Illinois, da Maurice Benjamin Chandler e Florence Dart Thomton. Il padre è un umile lavoratore ferroviario, spesso assente per lavoro,che beve molto e picchia la moglie.
Nel 1895, all’età di otto anni, Raymond si trasferisce in Inghilterra insieme alla madre, appena divorziata e senza mezzi di sussistenza, presso alcuni loro parenti, a Upper Norwood, un quartiere nella zona sud di Londra. Da quel momento non rivedrà più suo padre, che menzionerà solo raramente e con giustificato disprezzo.
Dal 1900 al 1905, frequenta il Dulwich College, una scuola della media alta borghesia, dove può studiare latino, greco e anche francese. I corsi vengono pagati dall’inflessibile e irascibile zio Ernest Thomton. Terminati gli studi, si trasferisce a Parigi per sei mesi, dove segue i corsi di un istituto commerciale. Soggiorna successivamente altri sei mesi in Germania.
Tra il 1907 e il 1908, torna a Londra e diviene cittadino inglese naturalizzato. La madre e lo zio lo costringono a partecipare ad un concorso per il dipartimento di forniture e contabilità dell’Ammiragliato. Arrivato terzo su 600 candidati, inizia a lavorare per l’Ammiragliato, ma ben presto si sente così depresso e fuori posto che si licenzia. Per sfuggire alla rabbia dello zio e anche della madre, si trasferisce a Bloomsbury, dove compone un poemetto, intitolato The Unknown Love, per il “Chamber’s Journal”. Chandler riesce a sbarcare il lunario, lavorando come reporter al “Daily Express”, poi al “Westminster Gazette” e infine collaborando con il settimanale “The Academy”.
Nonostante tutta questa attività non riesce ad entrare a far parte “di nessun circuito o circolo letterario di rilievo, anche se gravita a Bloomsbury, nel quartiere dove vive Virginia Woolf, la cui casa di Fitzroy Square, con i suoi intensi “giovedì sera”, è in quegli anni un punto di ritrovo per scrittori e intellettuali come E.M. Forster, Lytton Strachey, Clive Bell e J. Maynard Keynes.” (Cronologia, in Chandler, 2005, p. CXVIII)
Trasferimento negli Stati Uniti e la prima Guerra Mondiale
Nel luglio del 1912, scontento della sua carriera e delle pessime prospettive di lavoro, all’età di ventiquattro anni, torna negli Stati Uniti. Durante il viaggio in mare, conosce gli agiati Warren e Alma Lloyd, che lo invitano nella loro casa di Los Angeles.
Dopo un anno di vagabondaggi nel Midwest e nel Nebraska, nel 1913 arriva in California. Si guadagna da vivere con i lavori più strani e umili: raccoglie albicocche e incorda racchette da tennis. Si iscrive quindi ad un corso di contabilità. A Los Angeles, attraverso Warren Lloyd, ottiene un posto nell’amministrazione della Los Angeles Creamery. Diviene socio del circolo Lloyd, frequentato da scrittori e musicisti.
Nel 1916, la madre lo raggiunge a Los Angeles. Nello stesso anno, durante una festa a casa dei coniugi Lloyd, conosce e si invaghisce di Pearl Eugenie Hurlburt, detta Cissy, moglie del pianista Julien Pascal.
Nel 1917, Chandler entra nel 5° Reggimento dei Canadian Gordon Highlanders.Nel 1918, mentre presta servizio in Francia, nei pressi di Arras, sopravvive miracolosamente ad un bombardamento tedesco. La Prima Divisione del Corpo di spedizione canadese, cui appartiene viene annesso alla R.A.F. e inizia l’addestramento di volo. Fortunatamente la guerra finisce pochi mesi dopo.
Ritorno in America e matrimonio con Cissy
Nel 1919, torna in California. All’inizio, evita Los Angeles e la madre che lo aspetta. A San Francisco, si fa assumere come reporter per il «Daily Express», quindi accetta un posto come contabile in una banca britannica. Non dura molto: la routine non fa per lui.
Arriva quindi a Los Angeles, dove la madre abita al 127 di South Vendôme Street, presso i coniugi Pascal. Julian Pascal è un compositore e pianista, la moglie è Pearl Eugenie Hurlburt, Cissy. Chandler ne è ancora innamorato e inizia con lei una relazione adulterina, anche se la donna ha 18 anni più di lui.All’inizio del loro rapporto, Chandler non conosce la vera età di Cissy; la donna all’epoca dimostra molti meno anni ed è ancora molto affascinante.
Nel 1923, sempre grazie all’amicizia di Warren Lloyd, ottiene un posto come contabile alla Dabney Oil Syndicate. È il periodo dei “ruggenti anni Venti” e del boom petrolifero di Los Angeles, e Chandler si dimostra un abile direttore, gestendo sino a undici compagnie.
Nel 1924, dopo la morte della madre, che si opponeva alla loro unione, sposa Cissy, che ha divorziato dal marito. Dal 1924 al 1930, sembra quasi che Chandler abbia trovato la strada giusta e il suo posto nel mondo: ama teneramente e romanticamente sua moglie;apprezza il suo nuovo lavoro, dimostrandosi capace di gestire e far espandere una società petrolifera; guadagna più di mille dollari al mese; è uno stimato uomo d’affari della nuova e ricca metropoli che sta diventando Los Angeles.
All’inizio degli anni trenta, questo mondo quasi perfetto inizia ad incrinarsi. Purtroppo mancano lettere o diari (bruciati dallo stesso Chandler nel 1959) che possano indicarci i motivi di questo cambiamento nei confronti della moglie e del lavoro. Possiamo solo ipotizzare. Raymond ha 44 anni, Cissy 62: forse lo scrittore si rende conto di aver sposato una vecchia e di aver perpetuato con il matrimonio quel legame di sudditanza che credeva di avere spezzato con la morte della madre. Non è solo il matrimonio ad essere in crisi. È come se Chandler sentisse che quella che sta vivendo non è la sua vita, come se si fosse svegliato all’improvviso, rendendosi conto di essersi fatto violenza: in quegli anni si è illuso di poter essere un’altra persona, una di quelle perfettamente integrate nel sistema: “Odiavo gli affari ma nonostante ciò alla fine divenni funzionario e direttore di una mezza dozzina di società petrolifere indipendenti …” (Chandler, lettera a Hamish Hamilton, 10 novembre 1950, in Parola di Chandler …, 2011, p. 30)
Chandler inizia a bere e a frequentare le giovani segretarie del suo ufficio. Si odia per questo e probabilmente teme di diventare come il padre, ma non può farne a meno. Le esperienze, vissute in questi anni di relazioni clandestine e di sbornie colossali, saranno utilizzate nei racconti e nei romanzi:
… bere ai tempi del Proibizionismo è costoso e pericoloso, e si può ragionevolmente pensare che una certa dettagliata conoscenza dei metodi bruschi della malfamata polizia di Los Angeles che poi Marlowe dimostrerà di avere sia stata sperimentata dal suo autore in persona. Nei primi tempi regge bene, e la mattina dopo non ricorda quasi niente di quello che ha fatto (i blackout del suo futuro personaggio Marlowe, pestato, drogato, saranno descritti con una verosimiglianza autobiografica)…
(Tani, 2005, p. CXXIV)
Nel 1932, la South Basin Oil Company licenzia Chandler che arriva spesso al lavoro ubriaco oppure non si presenta affatto. Lo scrittore, in alcune lettere, dichiarerà di essere stato licenziato a causa della crisi del 1929. A questo punto, Chandler e la moglie sono due falliti con davanti un futuro di miseria, legati uno all’altro da un rapporto quasi psicotico.
Inizia la carriera di scrittore, i primi racconti per “Black Mask”
È forse da questa crisi esistenziale e sociale che Chandler trova la rabbia e la forza per scrivere, sublimando le sue frustrazioni, in racconti colmi di violenza e odio, e incontrando sulla carta giovani donne affascinanti e pericolose diverse dalla sua anziana Cissy.
Dal 1933, nel pieno della Grande Depressione, Chandler avvia una collaborazione con la rivista “Black Mask”, specializzata in letteratura popolare, soprattutto genere poliziesco d’azione; la stessa che negli anni precedenti aveva lanciato Dashiel Hammett e James Cain. Il direttore della rivista è Joseph T. Shaw, detto il Capitano, che si fa portavoce consapevole di un nuovo tipo di poliziesco e anche di un nuovo tipo di detective, in contrasto con quel Philo Vance, che furoreggiava all’epoca, svelando misteri “di canarine assassinate nel suo salotto liberty, tra opere d’arte e teiere d’argento, aiutandosi solo con il cervello e l’intuizione” (Volpati, 2006, p.47). Shaw è un ex capitano dell’esercito che, nel 1926, diventa il direttore di «Black Mask»; alla sua scuderia di scrittori chiede un nuovo tipo di racconti colmi di azione e colpi di scena mozzafiato: sparatorie; inseguimenti; veri investigatori e criminali che dialogano, usando lo slang di strada; donne belle e pericolose. Nasce così la «Hard-Boiled School».
Chandler è un avido lettore di storie d’azione sul tipo di quelle di Dashiell Hammett. Inizia così a dedicarsi interamente alla letteratura e pubblica il suo primo racconto all’età di quarantacinque anni: Blackmailers Don’t Shoot (I ricattatori non sparano).
Decisi così che quella poteva essere una buona maniera per imparare a scrivere narrativa e al tempo stesso guadagnare un po’ di soldi. Impiegai cinque mesi a scrivere un lungo racconto di diciottomila parole e lo vendetti per centottanta dollari. Dopo di allora non mi sono mai più voltato a guardare indietro…
(Lettera a Hamish Hamilton, 10 novembre 1950, citata in Orsi, 2005, p. 19).
Nel 1934, “Black Mask” pubblica i suoi racconti Smart-Aleck Kilt (Un delitto imperfetto / Un delitto da furbastro) e Finger Man (Il testimone / L’informatore). Nel 1935, Killer in the Rain (In un giorno di pioggia), Nevada Gas (Gas di Nevada/Gas Nevada) e Spanish Blood (Sangue spagnolo).
Negli anni successivi, il novello scrittore continua a pubblicare per “Black Mask”, ma alcuni suoi racconti vengono anche accettati da “Detective Fiction Weekly” e “Dime Detective Monthly”.
Rispetto agli altri scrittori, Chandler è più lento e meno prolifico e quindi guadagna anche molto meno: nel 1936 riceve per i suoi racconti circa 1500 dollari, mentre prima, lavorando per la South Basin Oil Company ne guadagnava più di mille al mese. Fortunatamente il rapporto con la moglie è tornato sereno e Chandler ha smesso di bere.
Nel 1936, incontra per la prima e unica volta Dashiell Hammett, durante una cena di tutti i collaboratori di “Black Mask”.
The Big Sleep e la nascita di Philip Marlowe
Nel 1939, Knopf, uno dei più importanti editori americani, pubblica il primo romanzo con Philip Marlowe: The Big Sleep (Il grande sonno). Marlowe è un perdente cronico e un cinico solitario, che ironizza su se stesso e sulla vita, convinto che il mondo è troppo corrotto per essere salvato, eppure combatte sino alla fine. Ecco come descrive il suo eroe lo stesso Chandler:
“Dev’essere, per usare una frase piuttosto trita, un uomo d’onore, per istinto, perché non può farne a meno. Dev’esserlo senza pensarvi e, sicuramente, senza mai parlarne. Dev’essere il miglior uomo di questo mondo, e un uomo abbastanza buono per qualsiasi mondo … È relativamente povero, altrimenti non farebbe l’investigatore. E un uomo comune, altrimenti non potrebbe mescolarsi alla gente comune. Ha un buon fiuto psicologico, altrimenti non conoscerebbe il suo mestiere. Non accetta da alcuno soldi disonesti e non tollera insolenze da alcuno senza una doverosa e spassionata vendetta. È un solitario ed è suo orgoglio farsi trattare da orgoglioso … Ha disgusto per l’insincerità e disprezza tutto quello che è meschino. Il romanzo è l’avventura di quest’uomo alla ricerca di una verità nascosta…”
(Chandler citato in Orsi – Volpatti, 2006, pp. 40-41)
Il personaggio di Marlowe è un Don Chisciotte trasferitosi nei meandri violenti e sordidi della città moderna: un uomo d’onore e morale. Marlowe è talmente idealizzato da sfiorare, in alcuni passi, la caricatura.
Non è difficile rilevare l’ingenuità di questo ritratto. La nozione di un uomo donchisciottesco che si confronta col crimine organizzato comporta una buona dose di fantasie adolescenziali e non ha nulla a che fare con la realtà sociale degli anni Venti e Trenta (Mandel, 1990 p.54)
Marlowe, con il suo sentimentalismo occultato dietro un cinismo di facciata appunto in ossequio alla modernità, con le sue imprese dalla trama improbabile e dall’ethos incredibile, è il trionfo del non logico, del nobilmente gratuito in un’era e in un Paese che stanno per diventare pienamente tecnologici …
(Tani, 2005, XL)
Nonostante gli sforzi pubblicitari di Knopf, The Big Sleep viene quasi completamente ignorato dai giornali specializzati, a parte qualche buona critica come quella del «Los Angeles Times» del 19 febbraio 1939. Il romanzo riesce a vendere quasi 18.000 copie, che non sono poche per un esordiente, ma Knopf si aspettava sicuramente un successo maggiore.
Chandler dovrà attendere la chiamata di Hollywood, perché Marlowe diventi nei decenni successivi una vera e propria icona del genere “noir” americano. Marlowe sarà interpretato da Dick Powell, Humphrey Bogart, Robert Montgomery e George Montgomery, mentre è ancora in vita il suo creatore; successivamente, dal 1969 al 1978, da James Garner e Elliott Gould e, per due volte, da un Robert Mitchum un po’ avanzato nell’età. Non sarà mai interpretato da Cary Grant, l’attore a cui si era ispirato Chandler nel disegnarlo.
“Chandler, snob per definizione e inglese per educazione e vocazione, amava molto di più l’eleganza british del raffinato Cary Grant, forse più adatta a suggerire il continuo spaesamento di quel detective educato e leale nella giungla di una città violenta, corrotta, volgare”
(Ranieri, 2006)
Nel 1940, esce Farewell, My Lovely (Addio, mia amata), il secondo romanzo con protagonista Marlowe. Due anni dopo, è il tempo di The High Window (La finestra sul vuoto), sempre edito da Knopf. Nel 1943, esce il quarto romanzo con Philip Marlowe: The Lady in the Lake (In fondo al lago / La signora nel lago).
A proposito di Farewell, My Lovely, si tratta dell’unico romanzo poliziesco apprezzato dall’acerrimo nemico del genere giallo, Edmund Wilson, che nel 1945, in “The New Yorker”, pubblica il famoso articolo “Who Cares Who Killed Roger Ackroyd?”.
Saper scrivere racconti è un dono raro … l’unico che mi sembra possedere in qualche misura tale dono è Raymond Chandler. Il suo Farewell, My Lovely è l’unico di quei libri che ho letto per intero, e con piacere. Ma Chandler, sebbene abbia dichiarato recentemente di riconoscersi allievo di Hammett, in realtà non appartiene alla scuola del vecchio romanzo poliziesco. Il suo è un romanzo di avventure che, più che a Hammett, fa pensare ad Alfred Hitchcock e a Graham Greene … Non si tratta semplicemente, in questo caso, di riunire le tessere di un puzzle, ma di trasmettere al lettore un senso di malessere, il terrore, di una congiura nascosta capace di trasformarsi continuamente nelle forme più diverse ed imprevedibili …
(Wilson, 1980, p. 107)
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Il lavoro di sceneggiatore a Hollywood e la nascita del NOIR
È il 1943 quando Billy Wilder sta cercando uno sceneggiatore per l’adattamento cinematografico di Double Indemnity; James M. Cain, l’autore del romanzo, infatti, è già sotto contratto con la Twentieth Century Fox. Joseph Sistrom propone a Wilder un certo Chandler di cui ha letto qualche racconto. È questo il periodo d’oro di Hollywood, e la Paramount è una delle case cinematografiche più importanti.
Per tredici settimane Chandler lavora con il regista Billy Wilder. Il rapporto tra i due è piuttosto burrascoso. Wilder beve parecchio e fa sesso con prostitute, nella stessa stanza in cui convive con Chandler. Lo scrittore, alla fine, ammetterà però che Wilder gli ha insegnato come si scrive una sceneggiatura.
Lavorare con Billy Wilder su La fiamma del peccato è stata un’esperienza angosciante e probabilmente mi ha accorciato la vita, ma ho imparato tutto quello che potevo imparare sullo scrivere sceneggiature, che non è granché. Come ogni scrittore, o quasi, che arriva a Hollywood, ero inizialmente convinto di poter scoprire qualche sistema per scrivere film che non fosse totalmente deleterio per il talento che uno può avere. Ma come altri prima di me ho scoperto che questo era un sogno.
(Chandler, lettera a Hamish Hamilton, 10 novembre 1950, in Parola di Chandler …, 2011, p. 160)
Mentre lavora alla Paramount, Chandler ricomincia a bere. Contemporaneamente è attratto dalla folla di ragazze, attrici e segretarie che vede giorno dopo giorno. L’anno successivo, dopo il successo del film Double Indemnity, firma un nuovo contratto con la Paramount per 1250 dollari la settimana. Nello stesso periodo inizia una relazione con una segretaria della Paramount.
Sempre nel 1944, pubblica, su “The Atlantic Monthly” di Boston, l’importante saggio The Simple Art of Murder (La semplice arte del delitto), il manifesto della poetica dell’hard-boiled school. Chandler critica il giallo a enigma, soprattutto quello di grandi scrittori di successo come S. S. Van Dine, Freemann Crofts, Doroty Sayers e anche Agatha Christie.
La sua polemica contro il mystery classico, una polemica che si svilupperà in scritti successivi, come gli Appunti sul romanzo poliziesco (Casual Notes on the Mystery Novel) del ’49, pubblicati postumi e la prefazione all’edizione britannica della raccolta di racconti Trouble Is My Businness, del ’50, nota in Italia come Ancora sul giallo, è sempre condotta in nome del realismo. Il delitto è, alla lettera, un’arte semplice ed è inutile complicarlo a fini letterari o presunti tali… Chandler proseguiva osservando che se i giallisti “descrivessero i delitti che accadono veramente, sarebbero costretti a dare alle loro opere il sapore della vita vissuta”. (Oliva, 2003, p. 86)
Nel 1944, esce il film “L’ombra del passato”, tratto dal suo romanzo em>Addio, mia amata, per la regia di Edward Dmytryk e con protagonista Dick Powell.
Nel 1945, sempre su “The Atlantic Monthly” pubblica anche l’articolo Writers in Hollywood (Scrittori a Hollywood), un vero e proprio atto di accusa contro Hollywood, che, secondo lui, sfrutta e umilia gli scrittori. Chandler prova un profondo astio nei confronti del mondo del cinema, ma in realtà odia se stesso: sa di aver venduto la sua anima e le sue aspirazioni letterarie per denaro e questo non riesce ad accettarlo. Basti pensare che la Warner Brothers compra i diritti di The Big Sleep da Knopf per 10.000 dollari, di cui 7000 vanno allo scrittore. Chandler vorrebbe assomigliare alla sua idealizzata creatura, Philip Marlowe, ma ne è solo un misero riflesso sbiadito.
Sempre nel 1945, per la Paramount, scrive il soggetto e la sceneggiatura di The Blue Dalhia (La dalia azzurra). Ad un certo punto, quando mancano poche settimane al termine delle riprese e il protagonista del film, Alan Ladd, deve partire per il fronte, Chandler ha un blocco creativo e non sa come continuare la storia. Per poterla terminare, lo scrittore chiede alla Paramount di poter lavorare a casa, sei segretarie che scrivano sotto dettatura e battano a macchina, e parecchie bottiglie di alcolici che fungano da stimolante. In otto giorni, Chandler ubriaco fradicio porta a termine la sceneggiatura del film.
… Zolotow insinua che il tutto fosse un’abile sceneggiata per poter lavorare comodamente a casa continuando a bere come già faceva, e circondato da quel dispiego di attenzione e ammirazione che era il riconoscimento a cui ambiva il suo narcisismo camuffato da ostentato spirito di sacrificio, del resto assai simile a quello del suo Marlowe…
(Tani, 2005, p. LXXIV)
Il film uscirà nel 1946, con la regia di George Marshall e sarà un enorme successo di pubblico. Per la sceneggiatura Chandler riceve la candidatura all’Oscar e l’Edgar Award dalla Mystery Writers of America.
La Metro Goldwyn Mayer lo assume per un adattamento del suo romanzo The Lady in the Lake. Chandler in un primo tempo accetta, ma poi si rende conto di non riuscire a lavorare su un proprio testo.
“… Sto lavorando a un trattamento di La signora nel lago… E’ l’ultima volta che scrivo la sceneggiatura tratta da un mio libro. E come riesumare ossa rinsecchite.”
(Chandler, lettera al critico James Sandoe, 18 agosto 1945, in Parola di Chandler …, 2011, p. 261)
Nel 1946 si trasferisce a La Jolla, cittadina tranquilla a nord di San Diego, California, dove vivrà per quasi dieci anni.
Sempre nel 1946, esce nelle sale Il grande sonno (sceneggiatura di William Faulkner, regia di Howard Hawks, con Humphrey Bogart e Lauren Bacall). È da ricordare un curioso e divertente episodio: uno dei trailer del film mostra Marlowe (Humphrey Bogart) entrare in una biblioteca pubblica di Hollywood e chiedere consiglio su un romanzo giallo; la bibliotecaria gli consiglia l’ultimo romanzo di Raymond Chandler: The big sleep (cfr. The Big Sleep trailer).
Chandler fu entusiasta dell’interpretazione di Humphrey Bogart, nonostante fosse molto diverso da Cary Grant, l’attore da cui aveva preso ispirazione per creare il personaggio di Marlowe.
Quando e se vedrai il film tratto da Il grande sonno (per lo meno la prima metà) ti renderai conto di cosa è capace di fare con una storia così un regista che abbia il dono dell’atmosfera e il tocco latente del sadismo. Ovviamente Bogart è di gran lunga meglio di tutti gli altri duri dello schermo. Come si dice da queste parti, Bogart è un duro anche senza la pistola. Inoltre possiede un senso dell’umorismo che contiene l’aspra sfumatura del disprezzo. Ladd è tosto, pungente e a tratti affascinante, ma dopo tutto incarna solo l’idea del duro che può avere un ragazzino. Bogart è un pezzo autentico.
(Chandler, lettera a Hamish Hamilton, 30 maggio 1946, in Parola di Chandler …, 2011, p. 267)
Con il successo di questo e altri grandi film dell’epoca, tratti dai romanzi di Hammett, Chandler e J. Cain, nasce un nuovo genere letterario e cinematografico. Gli scrittori della “hard boiled school” vengono pubblicati in Francia nella “Serie Noire” della Gallimard, chiamata così per il colore “nero” delle copertine. Ed è proprio un critico francese, Nino Frank, nel 1946, riferendosi a dei film polizieschi americani di quel periodo, a coniare il termine “noir” che ancora oggi usiamo.
Sceneggiatore per Alfred Hitchcock, e la frustrazione di essere uno scrittore noir
Nel 1949, viene pubblicato The Little Sister (Troppo tardi / La sorellina), quinto romanzo della serie Marlowe.
Nel 1950, Chandler lavora alla sceneggiatura del film Strangers on a Train (Delitto per delitto / L’altro uomo), tratta dal romanzo di Patricia Highsmith, che considera una storia idiota.
… Mi ritrovo impegnato in un lavoro per il cinema, una sceneggiatura per Alfred Hitchcock, e credo di non essere in grado di fare altro, nel frattempo. È una storia abbastanza stupida e anche una bella sfacchinata.
(Chandler, lettera a Hamish Hamilton, 4 settembre 1950, in Parola di Chandler …, 2011, p. 157)
Chandler viene assunto con un salario di 2500 dollari la settimana e con la clausola di poter lavorare a casa sua a La Jolla. Come era avvenuto già con Wilder, il rapporto di lavoro con Alfred Hitchcock si deteriora rapidamente, e collassa quando Chandler provoca il famoso regista, gridando alla sua segretaria: «Guarda quel grasso bastardo che fatica fa a uscire dalla macchina!». Dalle lettere di Chandler emerge il suo carattere incostante e irritante (Cfr. Spoto, 2006, pp. 410-413): in alcune si lamenta della continua presenza fisica del regista e dei suoi innumerevoli appunti sulla sceneggiatura (“pieno di piccoli suggerimenti e di idee che avevano l’effetto paralizzante sull’iniziativa di uno scrittore”), in altre denuncia che il suo lavoro è reso difficile dall’assenza di Hichcock (“Non una telefonata. Non una parola critica o di apprezzamento … Ci sono sempre dei piccoli dettagli che richiedono uno scambio di idee …”). Per la cronaca, la sceneggiatura di Chandler fu fortunatamente completamente rivista da Czenzi Ormonde e da Alma Hichcock, e il film fu un successo.
Tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, il rapporto di Chandler con Hollywood si deteriora sempre più. Le sceneggiature di The Lady in the Lake e Strangers on a Train sono i segnali di un disagio ormai sempre più palese, non solo nei confronti di Hollywood ma anche del genere poliziesco. Lo scrittore è consapevole che i suoi racconti e romanzi appartengono al genere pulp, ma è anche convinto che il loro valore artistico non possa essere limitato alla letteratura di consumo. Chandler dichiara che alcuni scrittori di polizieschi sono superiori a certi romanzieri seri, privi di stile e talento. In alcune sue lettere, lo scrittore associa il genere poliziesco all’arte di Flaubert e Dickens. In La semplice arte del delitto (1944), lo scrittore dichiara: “per quanto ne so io, Hemingway può aver imparato qualcosa da Hammett, come Dreiser, Ring Lardner, Cari Sandburg e Sherwood Anderson”. Per quanto questo sia vero (basti pensare al racconto The Killers di Hemingway, da cui fu tratto lo splendido film omonimo del 1946, diretto da Robert Siodmak), in Chandler suona più come una giustificazione a un suo personale fallimento artistico.
Per comprendere l’animo frustrato di Chandler, bisogna tornare al 1939, quando lo scrittore aveva scritto l’ambizioso racconto English Summer (in realtà una delle sue opere meno riuscite), ripescato nel 1957 con l’intenzione di svilupparlo in un grande romanzo o addirittura in un lavoro teatrale di successo. Per Chandler, i racconti e i romanzi polizieschi avrebbero dovuto essere solo un mezzo per poter poi scrivere una vera opera di alta letteratura.
Se mi frutteranno abbastanza da spostarmi in Inghilterra, lasciar perdere il noir e provare con English Summer e le storie fantastiche, senza dovermi preoccupare se fanno soldi, mi ci metterò. Ma ho bisogno di soldi in anticipo per due anni … Se English Summer sarà un successo, come dovrebbe essere, ben scritto fino in fondo, ma non in eccesso, mi sistemerà per tutta la vita. Da quel momento in poi alternerò il fantastico al drammatico fino a che non penserò a un nuovo genere.
(Parola di Chandler …, 2011, pp. 252-253)
La morte della moglie Cissy
Nel 1953, viene pubblicato The Long Goodbye (Il lungo addio), il sesto romanzo con Philip Marlowe.
È 12 dicembre 1954, quando muore la moglie Cissy. Per Chandler è un duro colpo da cui non riuscirà più a riaversi. Il malessere esistenziale e la difficoltà ad integrarsi peggiorano. Beve sempre di più e usa anche il laudano, finendo per minare completamente la propria salute già cagionevole. L’anno dopo, il 22 febbraio, durante una crisi alcolica, tenta il suicidio (tentativo piuttosto goffo, per non dire teatrale). Viene ricoverato al reparto psichiatrico County Hospital, quindi trasferito in una clinica privata. Nel marzo del 1955, vende la casa di La Jolla.
Nell’aprile del 1954, The Long Goodbye vince l’Edgar Award della Mystery Writers of America.
Il 1955 è un anno di viaggi, quasi una disperata richiesta di aiuto, tra California, New York, Inghilterra, Europa, Nord Africa. Continua a bere troppo e a drogarsi.
Nel 1958, si trova a Napoli, dove intervista il gangster americano Lucky Luciano, espulso dal governo americano. Sempre nello stesso anno, pubblica il settimo romanzo con Philip Marlowe Ancora una notte (Playback), basato sulla sceneggiatura di un film mai realizzato.
Le donne, l’ultimo romanzo di Marlowe e la morte
Inizia in questo periodo un “tardivo, imbranatissimo disordine amoroso. Che culmina nel 1957, due anni prima della sua morte, quando Chandler assume come segretaria Jean Fracasse, un’australiana separata con due figli che lo fa sentire come un nobile paladino capace di difenderla, e così la nomina sua erede” (Ranieri, 2006).
Negli ultimi anni, Chandler si lega sentimentalmente a Helga Greene, la sua nuova agente letteraria. Chiede anche la sua mano al padre e modifica il testamento in suo favore. Chandler, in preda all’alcol e alla depressione, è confuso e cambia donna e amore facilmente, alla ricerca della perduta e amata sposa Cissy. Sono tutti amori platonici, perché ormai Chandler è anziano e impotente. Forse per questo, poco prima del matrimonio, trova una scusa e intraprende un nuovo viaggio.
La sua corrispondenza con Helga Greene, che è diventata il suo nuovo agente letterario, si fa sempre più fitta e affettuosa, intanto però va a San Francisco a conoscere Louise Landis Loughner; ne nasce una storia, ma in agosto è al Las Encinas Sanitarium a Pasadena, dove per una volta si trova bene. I medici gli formulano una diagnosi ovvia, che però lo rassicura: beve perché si sente solo, se troverà qualcuno che lo ama smetterà senz’altro. A ottobre dice al suo avvocato di voler cambiare il testamento in favore di Louise, tuttavia a novembre tronca la relazione.
Sa che Natasha sarà presto negli Stati Uniti per una serie di concerti; la contatta telefonicamente e la invita a fare insieme un viaggio in auto per l’Arizona, dove c’è anche una cittadina di nome Chandler. Al telefono pare equilibrato e di buon umore e Natasha accetta, quando però lo incontra all’aeroporto di Phoenix, il 6 dicembre, trova il solito Ray querulo e ubriaco … (Tani, 2005, p. CLXXI)
Nel 1959, inizia a scrivere l’ottavo romanzo con Philip Marlowe, The Poodle Springs Story. A marzo è a New York per partecipare alla cena degli “Edgar”, in qualità di presidente dell’Associazione dei Mystery Writers of America.
Muore di polmonite a La Jolla il 26 marzo del 1959, prima di riuscire a terminare The Poodle Springs Story.
Chiudo questa breve biografia con una interessante citazione da Cavalieri senza Graal: Raymond Chandler e Philip Marlowe di Stefano Tani, in cui è possibile comprendere il profondo legame esistente tra creatore e creatura, tra Chandler e Marlowe. Lo scrittore americano proietta sul detective il proprio disagio esistenziale e la propria incapacità ad integrarsi in una società materialista, che appare troppo lontana dalle sue aspirazioni intellettuali:
Chandler chiede al suo Marlowe di essere la migliore parte di sé, quella che lui altrimenti incontrerebbe solo di notte evadendo la corrispondenza: il suo doppio in grado di avere sempre l’ultima parola tanto nelle colluttazioni verbali con gangster e ricchi boriosi quanto nelle schermaglie amorose con clienti maliarde e segretarie seducenti, il suo doppio in grado di affrontare e qualche volta anche riparare i torti in cui un uomo onesto si imbatte percorrendo le meschine strade del mondo, in grado di essere duro o dolce a seconda dei casi (nonché alto più di un metro e ottanta e più che passabilmente piacente). Dura proiezione mitopoietica costituita da un precario, quasi magico equilibrio di opposti, perché Marlowe per una metà risponde a un codice dell’onore tutto britannico, che il suo autore aveva acquisito nella public school dell’adolescenza, per l’altra metà ostenta la crudezza colloquiale e il pratico individualismo dell’uomo americano; è un generoso cavaliere e un cinico private eye, un misto di vecchio e di nuovo come Chandler, solo che Marlowe è riuscito bene, ed è riuscito bene perché è di carta, e questo Chandler lo sa …
(Tani, 2005, p. XV)
BIBLIOGRAFIA
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– Orsi G.F., Hardboiled Blues. Raymond Chandler e Philip Marlowe, Alacran, Milano, 2005;
– Orsi G.F. – Volpatti L., C’era una volta il giallo II. L’età del piombo, Alacran, Milano, 2006, pp. 30-60;
– Ranieri Polese, Dal giallo ai classici la rinascita di Chandler, in Il corriere della Sera – 20 luglio 2006:
– Spoto Donald, Il lato oscuro del genio. La vita di Alfred Hichcock, Lindau, Torino, 2006;
– Tani Stefano, Cavalieri senza Graal Raymond Chandler e Philip Marlowe, in RAYMOND CHANDLER ROMANZI E RACCONTI, Volume primo 1933-1942, I Meridiani – Mondadori, Milano, 2005;
– RAYMOND CHANDLER ROMANZI E RACCONTI, Volume secondo 1943-1959, a cura di Stefano Tani – Traduzione dei Romanzi di Laura Grimaldi, I Meridiani – Mondadori, Milano, 2006;
– Volpati Lia, Riflessioni intorno a un mito, in G.F. Orsi – L. Volpatti, C’era una volta il giallo II. L’età del piombo, Alacran, Milano, 2006;
– Wilson Edmund, Che importanza ha sapere chi ha ucciso Roger Ackroyd?, in La trama del delitto, a cura di R. Cremante e L. Rambelli, Pratiche Editrice, 1980;
– Parola di Chandler. Appunti, scritti, lettere dal padre di Philip Marlowe, a cura di Dorothy Gardiner e Kathrine Sorley Walker, Coconino Press, 2011.
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