Terzo appuntamento con Martin Cruz Smith e il suo Arkady Renko. Red Square fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1992; in Italia l’anno successivo per Mondadori.
Trama
Nel terzo romanzo della serie, Arkady Renko è stato reintegrato come investigatore nella milizia della polizia di Mosca. Siamo nell’agosto del 1991 e sono passati dieci anni dagli omicidi avvenuti in Gorky Park. Dopo il crollo del muro, il partito comunista è morto e Mosca è una città profondamente colpita dalla recessione economica; la criminalità organizzata e i burocrati controllano il potere politico ed economico. Due sono le “famiglie” che si contendono la città: quella di Borya Gubenko, che controlla tutto il mercato nero, e quella di Makhmud, leader della mafia cecena.
Così Arkady vede Mosca:
A volte Arkady aveva la sensazione che, mentre lui era via, Dio avesse sollevato Mosca e l’avesse rovesciata. Era ritornato in una Mosca del sottosuolo, una città non più sotto la mano grigia del Partito. La mappa mostrava una città diversa, con molti più colori tracciati con le matite.
Il rosso, per esempio, era il colore della mafia di Lyubertsy, un sobborgo operaio a oriente della città… Qui abitavano gli emarginati, gli studenti che non frequentavano le scuole di élite, senza diplomi universitari e senza contatti nel Partito…
Il blu era quello della mafia del Laghetto Lungo, un sobborgo di baracche nella zona settentrionale. I circoli blu indicavano i loro interessi – furto di merci all’aeroporto di Sheremetyevo e prostitute all’hotel Minsk – ma la loro attività principale erano i ricambi d’auto…
Il verde islamico era quello dei ceceni, musulmani originari delle montagne del Caspio. A Mosca ne vivevano un migliaio, a cui si aggiungevano i rinforzi che arrivavano in carovane di automobili…
(tratto da Red square, pubblicato da Mondadori – traduzione di Marco Amante)
Durante un’operazione di polizia, Rudy Rosen, un “banchiere della mafia” diventato informatore della polizia, rimane ucciso nell’esplosione della sua auto. Nessuno sembra volersi occupare del caso, perché le varie cosche mafiose sono molto potenti e pericolose. Solo Arkady, il suo vice e un patologo di nome Polina continuano ad indagare. In casa del morto, Renko trova un fax, con un messaggio in cirillico: “Dov’è Red square?”. L’investigatore scopre così un collegamento tra la morte del suo informatore e un quadro del famoso pittore Malevich, che si intitola appunto “Red square”. L’opera è riapparsa sul mercato nero, dopo essere scomparsa durante la seconda guerra mondiale. L’indagine conduce Renko in Germania, prima a Monaco e poi a Berlino, dove incontra Irina Asanova. La donna della sua vita lavora ora per Radio Liberty, una stazione radio di propaganda americana.
Aiutato nelle indagini da un poliziotto tedesco di nome Peter Schiller, Arkady scopre di essere incappato in una pericolosa organizzazione criminale che si occupa di contrabbando di opere d’arte. Il plot giallo si conclude con uno scontro a fuoco alla periferia di Mosca dove si trovano raccolti i dipinti destinati al mercato nero. La storia di Arkady e Irina, invece, continua davanti alla Casa Bianca di Boris Eltsin, mentre manifestano contro il tentato colpo di stato del 21 agosto 1991.
Perché leggere Red square?
Il romanzo è caratterizzato da realistiche descrizioni della Russia dell’epoca. Smith ci introduce, fin dalle prime pagine, nella nuova Russia, offrendoci un intenso affresco della zona del “mercato nero”. Ancora più illuminanti sono le pagine dedicate alla descrizione di un imprenditore del nuovo capitalismo sovietico, che ha trasformato una fabbrica di armi in un club esclusivo del golf.
Una dozzina di giapponesi si mettevano in posizione sui quadrati di erba artificiale, sollevavano i bastoni e tiravano palle da golf che volavano, simili a puntini bianchi sempre più piccoli, per tutta la lunghezza del capannone. L’irregolare, secco rumore che facevano quando venivano colpite sembrava una batteria di colpi d’arma da fuoco: estremamente appropriato, dato che la fabbrica un tempo produceva bossoli. Durante il Terrore Bianco, durante la Guerra Patriottica e gli anni del Patto di Varsavia, gli operai avevano prodotto milioni di bossoli d’ottone con anima d’acciaio. Per trasformare lo stabilimento in un campo da golf, le linee di produzione erano state eliminate e il pavimento era stato dipinto in color verde pascolo. Un paio di presse inamovibili erano state schermate da alberi tagliati…
(tratto da Red square, pubblicato da Mondadori – traduzione di Marco Amante)
Rispetto al precedente e deludente Stella Polare, questo romanzo di Cruz Smith è certamente più credibile; il ritmo dell’azione è decisamente migliore; e i personaggi che si alternano sullo sfondo delle città di Berlino, Monaco e Mosca sono ben descritti psicologicamente. Purtroppo sono molti i capitoli inutili o “riempitivi” tanto che alla fine il romanzo appare un po’ troppo lungo e macchinoso rispetto all’essenziale (per non dire banale) plot giallo, che costituisce la spina dorsale del libro. Arrivati alla fine, ci si chiede se era necessario utilizzare un investigatore per seguire delle tracce che appaiono trovate più che cercate.
Scontato e già “visto” l’incontro/scontro tra il poliziotto tedesco (Peter Schiller) e quello russo (Arkady Renko), ma comunque piacevole.
Il malinconico personaggio di Renko cade spesso nel già “letto” e quello di Irina non aggiunge nulla di nuovo; eppure sono ancora loro due a dare linfa ad un romanzo che, tolte le pagine dedicate alla “nuova” Russia, non è certo un capolavoro.
Cruz Smith, resosi conto che era mancato nel precedente “Stella polare”, ritorna in questo romanzo a dedicare intere pagine all’amore di Renko per Irina. Struggenti e malinconiche quelle in cui l’investigatore rimane ore ad ascoltare alla radio la voce del suo amore lontano.
Dunque non si era sposata, oppure non aveva preso il nome del marito. La sua voce era più piena e più tagliente, non era più la voce di una ragazza. L’ultima volta che l’aveva vista stava avanzando in un campo coperto di neve, con la voglia di andarsene e al tempo stesso quella di rimanere… Quando lavorava in Siberia a volte si chiedeva se Irina esistesse ancora, se era esistita davvero o se si trattava di un’allucinazione. Razionalmente sapeva che non l’avrebbe mai più vista né sentita. Irrazionalmente si aspettava sempre di vedere il suo viso quando girava un angolo, o di sentire la sua voce all’altro capo di una stanza. Come un malato grave, aveva atteso ogni secondo che il suo cuore si fermasse. La sua voce aveva un bel suono. Era il suono di chi sta bene…
(tratto da Red square, pubblicato da Mondadori – traduzione di Marco Amante)
Non può mancare, infine, un brano dedicato alla placida ironia di Arkady. La scena è tutta giocata sul doppio senso tra il realismo socialista dell’arte e il realismo socialista politico.
«Le ha chiesto di qualche quadro in particolare?»
«No. Ma ho capito dove vuole andare a parare. È divertente. Per anni il Partito ha imposto il realismo socialista, la gente appendeva quadri di trattori alle pareti e nascondeva i capolavori dell’avanguardia dietro il cesso o sotto il letto. Adesso cominciano a tirarli fuori. All’improvviso Mosca si è riempita di esperti d’arte. A lei piace il realismo socialista?»
«Il realismo socialista è uno dei settori in cui sono più debole.»
«Sta parlando dell’arte?»
«No.»
Feldman osservò Arkady con occhi più attenti, più interessati…
(tratto da Red square, pubblicato da Mondadori – traduzione di Marco Amante)
Curiosità
Il finale del libro è dedicato ad uno degli avvenimenti più importanti degli anni novanta. Nell’agosto del 1991, alcuni membri del governo sovietico cercarono di deporre il presidente Mikhail Gorbačëv e prendere il controllo della nazione. Si tratta del famoso “golpe rosso”. Il suo fallimento e le conseguenze politiche che ne seguirono segnarono, infatti, la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
“La gente stava seduta, o camminava lentamente come a una fiera di paese. Arkady era sicuro che in seguito ognuno avrebbe avuto un ricordo diverso. Uno avrebbe detto che l’atmosfera intorno alla Casa Bianca era silenziosa, tesa, carica di determinazione; un altro avrebbe ricordato un’atmosfera da circo. Se fossero sopravvissuti. Per tutta la vita Arkady aveva evitato marce e manifestazioni. Era la prima alla quale veniva di sua volontà. Sospettava che lo stesso si potesse dire degli altri moscoviti intorno a lui: degli operai edili che costituivano le truppe interne disarmate e dalla barba lunga; degli apparatchiki che avevano deposto le borse per prendersi per mano e formare una catena, così numerosa da racchiudere la Casa Bianca in almeno cinquanta anelli; delle dottoresse che, chissà come, dai magazzini vuoti degli ospedali erano riuscite a recuperare delle bende …. Anno dopo anno diventiamo sempre più soli. Eppure, tenendo Irina per mano, in quel momento, in quella notte, Arkady si sentiva capace di smuovere il mondo.”
(tratto da Red square, pubblicato da Mondadori – traduzione di Marco Amante)
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