Reviver è il romanzo di esordio e il primo di una trilogia di Seth Patrick, edito in Italia da Newton Compton. Alla base del romanzo il Forensic Revival Service: una squadra specializzata nel risvegliare per qualche minuto chi è appena morto in modo che la vittima possa svelare chi l’ha ucciso. Si chiamano “reviver” questi uomini e donne che con le loro eccezionali facoltà aiutano ad assicurare assassini alla giustizia. Tra loro, Jonah Miller è uno dei più dotati, con una percentuale altissima di risvegli. Un giorno, dopo aver riportato brevemente in vita la vittima di un omicidio, Jonah però scopre una presenza terrificante che lo sta osservando, in attesa. Miller ne parla coi suoi superiori ma nessuno lo ascolta. E quando Daniel Harker, il giornalista che ha scoperto per primo i reviver, viene ucciso, per Jonah comincia una vera e propria discesa negli inferi. Indagando sul delitto si troverà faccia a faccia con verità celate da tempo e che rischiano di far crollare tutto ciò in cui ha sempre creduto.
Tratto dal sito dell’editore, vi riportiamo l’incipit:
A volte Jonah Miller detestava parlare con i morti. Il cadavere martoriato della donna giaceva contro la parete di fondo del piccolo ufficio. Il killer l’aveva spostata dal centro della stanza; era stata trascinata fino al muro e abbandonata lì, accasciata, la testa piegata di lato.
Quelli della scientifica erano già andati via, lasciandolo lì a fare quel che poteva. Avevano abbandonato la scena in tutta fretta. Jonah li capiva. Non era mai piacevole sentire un morto che rendeva testimonianza della propria dipartita.
Lui indossava il camice standard della scientifica, tanto per proteggersi i vestiti quanto per non contaminare le prove. Guanti per le mani, coperture speciali per le scarpe da ginnastica. Prese un respiro lungo e lento, ignorando quel sentore di sangue nell’aria. Era un odore familiare.
La pesante sedia di legno era rimasta accanto alla finestra, dopo che l’assassino l’aveva usata per uccidere la donna. C’erano chiazze di sangue ovunque, gli schizzi sulle pareti e sul soffitto seguivano chiaramente il ripetuto movimento dall’alto in basso dell’arma del delitto.
Il cadavere della donna era ridotto quasi a una poltiglia per la violenza dell’aggressione. Braccia e gambe rotte, il torace squartato e deforme, la parte posteriore del cranio sfondata. Tuttavia, la gola sembrava illesa; i polmoni, da quel che si poteva vedere, erano intatti. Era questo l’importante. Nella stanza erano posizionate tre telecamere, pronte a registrare qualsiasi cosa fosse accaduta. Era fondamentale che le parole venissero pronunciate a voce alta. […]
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