Elmore Leonard nonostante la veneranda età ancora scrive con la verve di qualche decennio fa, e finché continuerà a regalarci i suoi eccezionali romanzi qui al ThrillerCafé continueremo a segnalarli con onore e rispetto. Oggi, recensiamo Road Dogs, uscito per Einaudi e tradotto da Luca Conti, dal cui blog riporto la spiegazione del titolo: “espressione del gergo carcerario usata per indicare due detenuti che, dietro le sbarre, si proteggono a vicenda.”
Titolo: Road Dogs
Autore: Elmore Leonard
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2010
Pagine: 307
Traduttore: Luca Conti
Trama in sintesi:
Per Cundo Rey, stallone cubano, il bandito gentiluomo Jack Foley è il solo bianco di cui fidarsi in carcere. Ecco perché non tentenna nel pagare profumatamente un legale per far ridurre la pena del suo amico da trent’anni a trenta mesi. Uscito di galere, Jack è ospite a casa di Cundo a Venice, in California, dove vive la moglie Dawn Navarro, avvenente medium con una passione per gli uomini e intenzionata ad appropriarsi del patrimonio del marito. Lei e Foley fanno conoscenza; Cundo è geloso e possessivo, ma anche deciso a ricominciare la sua carriera criminale proprio da dove l’ha lasciata. Jack, invece, è tenuto sott’occhio da Lou Adams, agente dell’Fbi che non solo è pronto a tutto pur di rimandarlo in galera, ma addirittura sta scrivendo un libro su di lui.
Diavolo di un Elmore. A ottantacinque anni suonati, con più di un centinaio tra romanzi e racconti all’attivo, numerose trasposizioni cinematografiche, saggi e quant’altro, non solo non mostra alcun segno di rilassatezza (narrativamente parlando), ma sforna questo Road Dogs con nonchalance invidiabile, con un entusiasmo e una verve da giovane scrittore esordiente. Non è certo una cosa da poco. Altri scrittori, dal pedigree ugualmente pregiato, già da tempo hanno appeso la macchina da scrivere al chiodo, anche se pare continuino ad apparire in libreria tomi voluminosi con su scritto il loro nome (e dispensano commenti, come quello che campeggia in copertina del romanzo di Leonard). Elmore invece non tradisce mai. Sarà per la presenza di Jack Foley, personaggio a cui chiaramente l’autore è particolarmente affezionato (già protagonista di Out of sight), sarà perchè quando hai la storia giusta, e soprattutto la mano giusta, è impossibile sbagliare, fattostà che leggere Road Dogs è come scivolare sul velluto, le pagine scorrono con una facilità estrema, senza mai momenti di stanca.
All’inizio del romanzo Jack è in prigione, proprio dove ce l’aveva riportato la bella e letale Karen Sisco, agente dell’FBI coinvolta con Foley in un complicato groviglio sentimentale, divisa tra l’amore e il dovere. Capiamo che Jack era evaso, e aveva fatto l’errore di tornare tra le braccia di Karen sperando chissà cosa e ottenendo invece solo una notte di sesso e una pallottola nella gamba la mattina dopo, prima di prendere il suo biglietto sola andata per la galera. La prospettiva è tremenda: trent’anni di galera, la vita praticamente finita.
In prigione però Jack fa amicizia con Cundo, cubano dentro per aver accoppato un uomo, un po’ chiassone ma con evidenti risorse, soprattutto economiche, che spiega al suo nuovo amico cos’è che fa la differenza tra trent’anni per evasione e sette e mezzo per omicidio: un buon avvocato.
E grazie ai giochetti legali di Ms Megan Morris, avvocatessa tutto tailleur da mille dollari e parcelle in contanti, Foley si trova in men che non si dica fuori dalla galera, all’improvviso con una nuova vita davanti e un debito enorme nei confronti di Cundo, che si è accollato la parcella e gli permette di stare a casa sua sino a quando le cose non si rimettono a girare per il verso giusto.
Si stabilisce a Venice, quartiere per eccentrici riccastri nel mezzo di Los Angeles, e stringe un intricato sodalizio con la moglie di Cundo, Dawn Navarro, sedicente medium con una grande passione per i soldi, pochi scrupoli e molta voglia di arrivare. Sembra tutto filare liscio sino al momento in cui Cundo esce di galera. Da qui in poi, come si suol dire, le cose si complicano, e Foley dovrà guardarsi da nemici su più fronti. Dawn, l’agente dell’FBI Lou Adams la cui missione nella vita pare essere quella di attendere un nuovo passo falso di Jack, e lo stesso Cundo, con cui ormai non sembrano essere più dei road dogs, cioè dei cani da strada, termine gergale per definire due compagni che si guardano le spalle l’un l’altro per la sopravvivenza di entrambi.
Leonard muove le pedine del suo nuovo gioco pericoloso con la solita maestria, affinando una tecnica narrativa che sembra sempre superarsi e non trovare mai uno zenith. Ancora una volta scrive come se si trovasse di fronte a uno schermo del cinema, e da alla storia un ritmo che lega una pagina all’altra secondo una danza ormai nota ai suoi innumerevoli fan.
Fan che salutano ogni libro come un altro, ennesimo piccolo dono del Dickens del nuovo millennio, che di mettersi a riposo sembra non averne la minima intenzione: basta guardare il suo nuovo sito per vedere che il treno è ancora in corsa, e che di strada da percorrere ce n’è ancora tanta.
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