Gino Saladini, criminologo e giornalista, si era fatto finora apprezzare per i suoi gialli storici, caratterizzati da un’elegante tessitura psicologica; basterà citare “L’uccisore” 2015 e “Sincro” del 2004. Ma l’incontro con Christian Lucidi, video maker formatosi negli USA, ha prodotto un doppio salto mortale nella sua scrittura, generando questo cupo e violento thriller ambientato ai giorni nostri, in un’Italia di affari, vizio e sangue, che subisce più che l’infiltrazione un vero e proprio dominio della mafia nigeriana; un giallo spietato che segna l’esordio, appunto, della “ditta” Saladini & Lucidi.
Se l’impronta del raffinato giallista Saladini resta evidente nella complessa costruzione della trama e la capacità di analisi introspettiva dei personaggi, a Lucidi dobbiamo la cadenza e il ritmo tipico da fiction televisiva che permea il romanzo: le assonanze con serie come Romanzo Criminale o Gomorra sono evidenti, a volte forse troppo, nei serrati tempi dell’azione, nella violenza, nelle scene di sesso.
Protagonista è Sandro Sparta, agente della Direzione Centrale Servizi Antidroga (Dcsa), spavaldamente in servizio nonostante il suo cuore da tempo perda colpi. A lui viene affidato il compito di controllare nel porto di Civitavecchia il livello di infiltrazione, ormai accertato, della ’ndrangheta che ha cominciato a utilizzarlo come base d’attracco per le proprie forniture di cocaina provenienti da America del Sud e Africa. Sparta presto riesce a scoprire che quel porto è divenuto ormai il punto nevralgico della lucrosa collaborazione che la ‘ndrangheta ha instaurato con la mafia nigeriana, grazie al patto di ferro tra Henry Boezie, sedicente scultore ma in realtà referente in Italia della confraternita criminale nigeriana dei Black Axe, e Filippo ’u Bellu, un anziano capocosca calabrese. Da questa scoperta prende avvio una delicata e pericolosa indagine, fitta di omicidi, delazioni, ricatti e agguati, lungo la quale Sparta vedrà messe a dura prova le sue doti di intuito e coraggio. In realtà dovrà confrontarsi con un piano criminale di grande respiro che il calabrese e il nigeriano costruiscono insieme con l’intento di monopolizzare il mercato della droga nella Capitale. Tutti i personaggi sono vividamente ritratti e caratterizzati, ma tra di essi spicca l’inquietante e al contempo seducente figura di Alaba, compagna di Boezie e sua connazionale, maga e indovina, che con le sue arti tiene il proprio uomo legato all’ancestrale cultura misterica dell’Africa nera, finendo con il condizionarlo e, forse, dominarlo.
Pensiamo sia giusto sottolineare che il termine “Giungla” usato nel tutolo non fa riferimento al ruolo che la componente africana ha nella storia, bensì al degrado materiale e morale della città di Roma nella quale, nei più svariati ambienti, si intrecciano e aggrovigliano interessi, avidità e bramosie tra le più misere e crudeli che mente umana possa ospitare
Il romanzo procede serrato, coinvolgendo costantemente il lettore, grazie ad una scrittura colorita e decisamente espressiva. Si segnala inoltre per la sua originalità, poiché affronta un tema ancora poco e o per nulla trattato nel panorama thriller italiano, quello della mafia africana, una realtà criminale di cui si parla poco, ma che lavora molto nel nostro Paese. Per quanto scontato, data la presenza del Lucidi, aggiungiamo che il testo sembra pronto per una trasposizione cinematografica o ancor più televisiva che credo non dovremo attendere a lungo.
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