La copertina del libro che recensiamo oggi contiene semplicemente una mano aperta, che sembra intimare al lettore: “fermati e leggimi”. Si tratta di “Sarà lunga la notte” dello scrittore colombiano Santiago Gamboa e ora vi racconteremo perché fareste meglio a seguire quell’implicito consiglio.

Nel fitto di una foresta, in Colombia, un gruppo di commandos attende l’arrivo di un convoglio di fuoristrada. Di lì a poco scoppia l’inferno e cade una pioggia di proiettili. Con l’aiuto di un bazooka, gli assalitori riescono a ribaltare l’Hummer blindato, da cui esce un uomo vestito di nero accompagnato da due donne, una delle quali seminuda. La situazione sembra disperata per gli assaliti, ma l’arrivo di un elicottero ribalta l’esito dello scontro. Di lì a poco, regna di nuovo il silenzio sulla spianata: i cadaveri e persino i bossoli vengono fatto sparire, proprio come se nulla fosse accaduto.

Ma c’è un testimone: è un ragazzino ha assistito alla scena per caso, arrampicato su un albero di eucalipto. Informa la polizia con una telefonata anonima, ma ben presto la storia viene insabbiata e scompare dai radar dei media e della polizia. “In fin dei conti si trattava soltanto di un episodio violento tra i tanti che si consumano in questo paese irascibile e crudele che, paradossalmente, a domanda risponde di essere il più felice del mondo”.

Per qualcuno, però, non è così. Ci spostiamo a Bogotà, ed entra in scena il procuratore Edison Javier Jutsiñamuy, detto Ocelot per via del suo fiuto e della sua tenacia. Ha cinquant’anni e ha lasciato alle spalle la vita familiare e un matrimonio senza figli per dedicarsi completamente alla giustizia. Il suo istinto gli suggerisce che sotto a quella sparatoria si nasconde qualcosa di grosso e così chiama in causa la sua vecchia amica Julieta Lezama, reporter indipendente, per andare a scavare nella vicenda in compagnia della sua segretaria e assistente tuttofare Johana Triviño. Julieta sta per compiere quarant’anni, ha due figli e un divorzio alle spalle con un altro giornalista, che ora detesta. La passione di Julieta è la morte violenta degli esseri umani, ma non disdegna nemmeno i gin tonic e il sesso occasionale. Johana, la sua assistente, è un’ex guerrigliera delle FARC: sa maneggiare qualsiasi arma e non si fa scrupolo ad usarla, in nome della giustizia sociale.

Questo trio ben assortito ci accompagnerà in un’indagine senza quartiere, tra Bolivia e Guyana Francese, del mondo inquietante delle chiese pentecostali e dei loro leader carismatici, pastori di anime disperate, capaci di guarire i malati, parlare lingue straniere senza averle studiate, curare ferite o sopportare il veleno… ma anche pronti a uccidere in nome di Dio o dei loro interessi. In questa storia non troverete buoni e cattivi, ma semplicemente esseri umani che vivono al limite, tra l’idiozia e il cinismo, tra l’ebbrezza e la disperazione. Santiago Gamboa ha il merito di raccontare questo grande affresco di “commedia umana” (rubiamo il termine a Balzac, sperando che non si offenda) con uno sguardo lucido e divertito, ma mai giudicante. “Se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo” cantava De André, e ci sembra di trovare uno sprazzo di questa consapevolezza anche in questo autore di latitudini così distanti. Le storie più toccanti di questo libro corale, infatti, sono proprio quelle degli antagonisti, che hanno nel cuore ferite profonde in cui le stesse protagoniste, e Juliet in particolare, rischiano di perdersi.

Ho letto Santiago Gamboa tanti anni fa, ai tempi delle superiori. Ricordo il titolo, bellissimo: “Perdere è una questione di metodo”, preso da una frase del compianto Luis Sepulveda. Sono passati tanti anni da allora, me ne ero praticamente scordato, ma ritrovarlo in libreria è stata una bella emozione. Gamboa parla ancora di perdenti, ma lo fa con grande classe e con un’abilità narrativa straordinaria. Tra l’altro, mi ha colpito il modo in cui avanza la storia, con colpi di scena che sembrano arrivare per caso, un po’ come accade nella vita di tutti i giorni. I suoi detective non sono affetti dalla “sindrome di Sherlock Holmes”, non hanno intuizioni fenomenali, ma sono veri e tridimensionali. La vicenda gialla, poi, è anche un pretesto per raccontare una realtà complessa e contradditoria come quella della Colombia, in bilico tra la disperazione e “la caparbia speranza dell’umanità che si ostina a credere che il meglio deve ancora arrivare e che le permette di sopportare carichi pesanti”.

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Sarà lunga la notte
  • Editore: E/O
  • Autore: Santiago Gamboa , Raul Schenardi

Articolo protocollato da Gian Mario Mollar

Classe 1982, laureato in filosofia, Gian Mario Mollar è da sempre un lettore onnivoro e appassionato. Collabora con siti e riviste di ambito western e di recente ha pubblicato I misteri del Far West per le Edizioni il Punto d’Incontro. Lavora nell’ambito dei veicoli storici e, quando non legge, pesca o arranca su sentieri di montagna.

Gian Mario Mollar ha scritto 96 articoli: