Per la Nero Rizzoli, collana di gialli e thriller, esce questa raccolta di racconti polizieschi dal titolo diretto: Sbirre. Tutto chiaro subito: poliziotte protagoniste, con le loro vite, il mondo degli uomini e crimini e casini da risolvere.
Gli autori presenti sono ben conosciuti, un All Star del poliziesco normie italiano: Massimo Carlotto, Giancarlo De Cataldo e Maurizio de Giovanni.
Andiamo quindi ai racconti.

Cercare Zeno era stato un colpo da maestri. Lui aveva accettato senza batter ciglio, e gestiva di persona i contatti con i mafiosi di Sofia. Lei si occupava solo di fornire le dritte giuste, restando nell’ombra. Del resto, non tutti sono bravi a sporcarsi le mani. Il vicequestore
Anna Santarossa si era ricavata il ruolo del funzionario che pianifica dietro le quinte perché non era mai riuscita a distinguersi in altri modi. In strada non sapeva muoversi, e la pistola la portava solo per vezzo.

Apre Carlotto con Senza sapere quando. Il racconto è un noir poliziesco puro. La protagonista è Anna Santarossa, una bad cop, una poliziotta corrotta che pagherà un prezzo altissimo per la sua etica grigia e “flessibile” sul lavoro e nella vita privata. Il suo amante e complice, un poliziotto in servizio alla frontiera slovena, verrà ucciso e lei si troverà in balia di spietati mafiosi e altri poliziotti che non le perdoneranno di essersi trovata dalla parte sbagliata della legge. Il racconto è una buona immersione nella zona grigia e nei traffici di frontiera. Non c’è un vero riscatto per la protagonista che è una donna in un mondo di uomini, poliziotti e gangster, in un sistema di spietato sfruttamento che sembra impossibile da spezzare anche ricorrendo alla violenza estrema e alla vendetta spietata. Gli sbandamenti di Anna Santarossa, le scene d’azione e la frontiera definiscono uno svolgimento assolutamente godibile.

Prima di trasformarsi in mostro, Sergio Rivo, il ragazzo, aveva condotto un’esistenza normalissima. Figlio unico di due professionisti, buon curriculum scolastico, niente droghe né contatti con ambienti pericolosi, tipo ultrà del calcio o aree politiche radicali. Però qualcosa di strano c’era. Altroché. Nel video Sergio era calmo. Niente respiro affannoso. Niente sudoresulla fronte. Aveva preso da tempo la sua decisione, e non avrebbe desistito. L’unica possibilità sarebbe stata che qualcuno intervenisse e lo disarmasse. Ma non era accaduto.

Il secondo racconto è La Triade oscura di De Cataldo. Questo racconto è un thriller e la protagonista, Alba Doria, è un commissario di polizia dell’Unità di analisi del crimine violento. L’azione si svolge a Roma e il caso è solo apparentemente semplice: un omicidio-suicidio. Un adolescente uccide il padre per poi lanciarsi dalla finestra. La protagonista è l’unica a non voler chiudere il caso e fa bene. Dietro l’omicidio-suicidio c’è infatti un gioco online perverso di dominazione-sottomissione e un Maestro che ordina a giovanissimi adepti di compiere azioni via via più violente. La trama è ovviamente ispirata alla quasi leggenda metropolitana del Blue Whale e funziona. Pessimo e ingenuo il racconto quando parla di deep web e tecnologia, molto buona invece è la dialettica nell’immersione della protagonista nella mente del Maestro, un serial killer subliminale, fin troppe volte definito “furbissimo”.

A Sara sembrava di essere immersa in una specie di nebbia, i movimenti e i pensieri erano rallentati, i sensi intorpiditi, come se l’avessero privata della capacità di leggere gli altri e interpretarne i segni. E la notte iniziata con lo squillo del telefono si dilatava, inghiottendo parolee immagini senza finire mai.

Sara che aspetta di Maurizio de Giovanni è l’ultimo racconto. Ben scritto, quindi diverso da alcune ultime uscite dello scrittore napoletano, e gradevole. Non è un poliziesco, la protagonista è Sara Morozzi, una poliziotta in congedo stanca della vita di strada, che si ritrova ad affrontare la morte del figlio, investito in una dinamica che però farebbe pensare a un suicidio. È un dramma familiare con una madre che si trova a indagare il passato di un figlio di cui aveva perso le tracce.

In conclusione questo Sbirre è una lettura scorrevole, con momenti interessanti di tensione e riflessione, una lettura non impegnativa che i fan degli scrittori che vi hanno contribuito gradiranno sicuramente. Sicuramente se fossero stati racconti commissionati su un arco narratologico e non contributi slegati e indipendenti, tenuti insieme soltanto dal “protagonista donna e poliziotta”, Sbirre si sarebbe fatto apprezzare di più. Quanto invece all’assenza di scrittrici, ve ne sono e valide in Italia, è un’altra questione.

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Articolo protocollato da Antonio Vena

Già contractor civile Nato e Nazioni Unite, contract consultant e aspirante Signore del thriller pre-apocalittico italiano.

Antonio Vena ha scritto 28 articoli: