Da poco edito da Mondadori, Sei Quattro di Hideo Yokoyama è il libro che recensiamo oggi al Thriller Café.

Mikami Yoshinobu è un funzionario della polizia addetto al rapporto coi media. Sua figlia Ayumi è scomparsa da tre mesi e lui e la moglie vivono nella duplice angoscia di non sapere se è ancora viva e di pensare al peggio ogni volta che viene ritrovato un corpo. Il lavoro in un settore non operativo, lontano dall’azione dei “veri” poliziotti, ha fatto nascere in Mikami un senso di inadeguatezza che lo fa sentire un fallito e ha determinato un certo sospetto nei confronti dell’autorità; avere a che fare coi giornalisti, poi, non è facile: la riforma dell’ufficio stampa che il protagonista voleva attuare è stata bloccata dai superiori che pretendono da lui un atteggiamento ostile nei confronti dei media; Mikami si trova quindi nella posizione di dover difendere una chiusura che non condivide e ciononostante lo fa in maniera determinata.

Di lì ad una settimana il prefetto arriverà al distretto per un’ispezione relativa al Sei Quattro. Con questo codice i poliziotti indicano un caso di quattordici anni prima: il rapimento di una bambina risoltosi con l’uccisione della piccola ad opera di una mano ancora ignota. Il capo, ad un anno dalla prescrizione incombente, vuole riaccendere i riflettori sulla vicenda per calcoli politici, rafforzando la sua posizione nella gerarchia. A Mikami viene affidato il compito di gestire l’evento. Quella vecchia indagine torna in un momento delicato per il protagonista: la scomparsa della bambina non può non ricordargli la sparizione della figlia; proprio per questo suo stato d’animo Yoshinobu si riappassiona al caso, ma le sue ricerche dei colleghi coinvolti all’epoca si scontrano con una cortina di ferro; attorno a quel delitto irrisolto si cela un segreto che gli alti papaveri vogliono mantenere tale. Ci sono infatti strani movimenti nella polizia: reticenze e sotterfugi che sembrano derivare da uno scontro tra l’amministrazione e il reparto mobile, che Mikami riesce solo a intuire ma che lo mette in una posizione rischiosa, proprio in mezzo a due fuochi.

Una delle migliori invenzioni del libro è Ayumi: alla fine dell’infanzia la figlia del protagonista ha cominciato a sviluppare quella che col tempo si è rivelata una vera e propria patologia; convinta di essere brutta, la ragazza si è progressivamente allontanata dal mondo, chiudendosi in casa e impedendo persino ai genitori di vederle il viso, dimostrando un sempre maggiore odio verso se stessa e verso il padre e la madre. In una situazione così delicata, Mikami ha una reazione umana, ma deleteria: non riuscendo a confrontarsi col peggioramento della figlia, cede ad uno sfogo violento picchiando Ayumi. Il giorno dopo la ragazza scappa di casa e da quel momento la vita dei due genitori si spezza.

Il protagonista è un altro tassello fondamentale dell’intrigante costruzione di Yokoyama. Mikami vive con distacco la propria vita: pensieroso ma inane, riflessivo ma arrendevole, è soprattutto un uomo stanco. Nel limbo della condanna di non sapere la sorte di sua figlia è costantemente impegnato nello sforzo di credere con tutte le sue forze che sia ancora viva, aggrappandosi con la moglie ad ogni briciola di speranza.

Sei Quattro è un romanzo dai tempi lunghi, che segue il personaggio principale nelle sue azioni e nelle sue preoccupazioni, dando rilievo non solo al cold case e alla questione della figlia ma anche alle mosse che l’ufficio stampa fa per placare la ribellione dei giornalisti, in una sorta di procedural amministrativo molto ben scritto che non dimentica di affascinare il lettore con dei casi avvincenti.

Ciò che Mikami scoprirà sarà l’ennesimo tassello che compone la crisi a bassa intensità che sta vivendo e che, lentamente ma in maniera inesorabile, mette in discussione il suo senso di appartenenza alla polizia e la fiducia nel sistema. Se hanno ragione autori come Alessio Piras nel sostenere che il noir sia il genere per eccellenza del disincanto inteso come “fatalismo innato nell’accettazione del dramma”, allora questo romanzo giapponese rientra nella categoria pur non insistendo sui delitti di cui parla: Sei Quattro è il grande racconto di un uomo impegnato in una duplice lotta, con l’ambiente esterno e con se stesso; il suo protagonista non solo accetta la sfida di cercare un senso nonostante sia consapevole dell’impossibilità dell’impresa, ma decide di agire nonostante tale senso sia assente anche al suo interno, dentro di sé; dubbioso fino alla fine delle sue motivazioni, Mikami si muove perché qualcosa comunque lo spinge e non ha tanto a che fare col suo essere poliziotto ma è piuttosto qualcosa che deve a se stesso. Nulla di eclatante, ma è proprio questa decisione sofferta a renderlo un eroe del quotidiano. Il suo autore ripagherà i suoi sforzi?

Intere pagine sono riempite dalle rimuginazioni del protagonista, che scandaglia parola per parola le frasi che gli vengono rivolte per dedurre la verità che tanti si ostinano a nascondere. L’impasse in cui si trova, sempre insicuro su quale strada intraprendere, è testimoniata anche dall’uso frequente dell’avverbio “ciononostante” che attesta la capacità di valutare i pro e i contro delle situazioni e le opposte possibili interpretazioni dei fatti in maniera costante e ipertrofizzata, fino allo stallo dell’azione.

La sparizione di minori, che è spesso il nucleo delle trame di romanzi di genere, in questo caso, pur avendo un grosso rilievo e costituendo uno dei punti di forza del libro, a livello di trama lascia molto spazio agli intrighi, ai depistaggi e alle lotte di potere che le stanno attorno. Il lettore può rimanere spiazzato da questa particolarità che tradisce le aspettative, ma le perle di questo romanzo sono proprio dove non ci si aspetta. Da che parte starà Mikami? Ogni scelta ha dalla sua sia convincimenti che calcoli personali e il poliziotto non sa quale aspetto privilegiare: non gli piacciono le mosse della dirigenza ma non riesce a trovare lo slancio per una ribellione eroica. Il fatto è che è stanco di doversi schierare. Porterà avanti le sue idee ma sempre con i piedi ben piantati per terra e la mente al bene di sua moglie e sua figlia, o almeno a quello che gli sembra essere il meglio per loro. Di fronte a quello che nel corso della lettura si è costituito come un vero e proprio quesito esistenzialista dal forte realismo, la soluzione che Mikami propone appare del tutto surreale: fermerà la guerra coi giornalisti attraverso la fiducia reciproca, agirà secondo coscienza senza considerare null’altro.

Mentre ci avviciniamo al finale e la tensione sale di nuovo grazie ad una svolta nel caso, ci rendiamo conto concretamente di quanto sia un compito delicato il rispetto delle regole e della burocrazia nei momenti di azione: sono passaggi in verità un po’ pesanti (forse si sarebbe potuto tagliare qualche pagina), ma il loro scopo è proprio quello di trasmettere il senso di estenuazione che l’equilibrio tra diverse esigenze (l’informazione e la sicurezza delle indagini) richiede.
Yokoyama è attento alla psicologia dei personaggi e sa esprimere i loro caratteri attraverso i dialoghi. Arrivati alla conclusione, ci si accorge che è anche un ottimo tessitore di trame ed ha pensato una bella risoluzione finale. Questo autore giapponese ha una scrittura impeccabile e Sei Quattro, un libro forse non facilissimo, indica una strada originale al noir.

 

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Sei Quattro
  • Yokoyama, Hideo (Autore)

Articolo protocollato da Nicola Campostori

Laureato in Scienze dello Spettacolo, vive nella Brianza tossica. Attualmente lo puoi trovare in biblioteca, da entrambe le parti del bancone. Collabora con "Circo e dintorni". Ama il teatro, e Batman. Ha recitato, a volte canta, spesso scrive, quasi sempre legge. Nutre i suoi dubbi, ed infatti crescono bene.

Nicola Campostori ha scritto 76 articoli: