Si chiama “Superficie” l’ultimo romanzo di Olivier Norek, il secondo tradotto in Italia dopo il precedente “Tra due mondi”. Anche questo in uscita nella collana “Nero” di Rizzoli, per la traduzione di Maurizio Ferrara, il cui lavoro vorrei fin d’ora elogiare, su un testo originale non banalissimo. Norek, già legionario, componente di missioni internazionali di aiuto, poliziotto, è un romanziere (e uno sceneggiatore) discretamente prolifico, avendo al suo attivo una decina di opere in altrettanti anni di attività (e un premio nel 2016 il Prix du Polare européenne, che premia i migliori polizieschi europei).
Fatemi dire fin da subito, cari avventori del Thriller Cafè, che abbiamo a che fare con un gioiellino. Che vede protagonista, come nel noir francese avviene spesso negli ultimi tempi (mi vengono in mente Musso e Bussi per esempio), una giovane eroina: Noémie Chastaine. Poliziotta dell’antidroga parigina, a capo di una squadra agguerritissima, viene ferita seriamente nella cattura di un pericoloso latitante. Per recuperare lo smalto necessario viene provvisoriamente trasferita in provincia, nell’Aveyrone, nel piccolo paese (immaginario, ma ben contestualizzato) di Avalone, dove da decenni la popolazione vive una vita tranquilla, almeno in apparenza. Al punto che la motivazione ufficiale del trasferimento viene trovata nella verifica da parte di Noémie della necessità di mantenere in vita il locale commissariato di Polizia. Ma come ci suggerisce il titolo, la nostra eroina non ama rimanere sulla superficie delle cose e sarà proprio il suo desiderio di profondità a scombussolare la vita della tranquilla provincia.
Dalla scrittura di Norek promana un’energia infinita. La sua capacità di descrivere le scene di azione è notevole ed è impossibile non essere coinvolti fin da subito nella trama della vicenda. A questa dote, se ne associano altre che ci fanno rimanere attaccati alle pagine del libro in modo quasi maniacale. Una capacità di costruire il profilo psicologico dei personaggi fuori dal comune (tra l’altro, come negli ultimi romanzi di Musso e Bussi c’è uno psicologo tra i protagonisti), dialoghi bellissimi e un sottile filo di ironia che ci accompagna nel corso del racconto. Lo stile poi si completa con una prosa asciutta e tagliente, essenziale, ma non per questo arida e sempre in grado di fornire al lettore il contesto di riferimento. Il ritmo è incalzante, dalla prima all’ultima pagina. Permettetemi inoltre un elogio particolare al prologo. Originalissimo.
Se l’idea che vi siete fatti finora è quella di una police story mozzafiato, che però concede poco in termini di contenuti profondi, vi dico subito che avete ragione sulla prima parte ma torto sulla seconda, perché “Superficie” non solo ti trascina come storia, ma ti fa pensare moltissimo. Il tema centrale è il rapporto tra quello che nella vita ci appare in superficie e quello che invece si situa al in profondità. Nelle persone, negli ambienti, nella nostra esperienza quotidiana. E se il tema non è certo la prima volta che viene trattato, il modo di farlo è molto originale e vi costringerà a ragionamenti per nulla banali. Norek ci dice di non fermarci mai alla superficie delle cose, all’apparenza, ma ci invita a scavare, ad andare a fondo e a farlo partendo e percorrendo strade non usuali. “L’inferno è lo sguardo che gli altri posano su di noi” ci dice Norek all’inizio del romanzo, ricordandoci che il modo in cui veniamo giudicati dalle apparenze ci può distruggere in un secondo.
In un mondo dominato dai luoghi comuni e dove la folle vita metropolitana spesso ci distrugge, il romanzo di Norek è un inno al coraggio di non essere convenzionali, di fare scelte libere e originali, cercando un rapporto diverso con la natura e con gli animali. E questo coraggio non a caso è personificato da un’eroina femminile, perché gli uomini di Norek sono tutti o inetti o deficienti o disonesti, mentre è nell’universo femminile che risiede la speranza per il futuro. Proprio come nei romanzi di Musso e di Bussi. Ci fa pensare che Norek può non essere un caso isolato e che questa nouvelle vague di scrittori transalpini ha le idee molto chiare. Se un’icona ci ha lasciato, altre ne prenderanno il suo posto.
Per chi non lo avesse capito, mi è impossibile non dedicare questa recensione all’imperituro ricordo di Jean-Luc Godard. E a tutti quelli che pensano che la vita si debba vivere a bout de suffle.
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