Immaginate di prendere un caffè in allegria con un amico che non incontravate da tempo e che questi vi annunci senza particolare enfasi che ha intenzione di uccidervi quanto prima. Cosa provereste? E, soprattutto, come vivreste l’attesa di quell’evento ineluttabile? Rafael Balanzà con il suo Ti ucciderò ha davvero colto nel segno!
Titolo: Ti ucciderò (Los asesinos lentos)
Autore: Rafael Balanzà
Editore: Atmosphere libri
Traduttore: Raul Schenardi
Anno: 2012
Juan Caceres e il suo amico Valle suonavano insieme in un gruppo rock, ma solo il secondo ha continuato l’avventura musicale che l’ha condotto verso una vita sregolata e senza particolari soddisfazioni. Caceres invece ha un negozio di animali in un centro commerciale, è sposato ed ha due figli adolescenti e si addentra “fiducioso nei quarant’anni, senza vedere segnali di pericolo gravi“. Quella che sembra una simpatica rimpatriata si trasforma ben presto in un incubo: Valle comunica a Caceres che ha intenzione di ucciderlo. In verità lo ha voluto incontrare solo per dargli una sorta di benevolo preavviso, in modo da permettergli di abituarsi all’idea e sistemare le sue faccende prima dell’ineluttabile dipartita. All’obiezione più ovvia dello sconcertato Caceres, Valle risponde ineffabile: “In realtà non mi è mai riuscito bene niente. … Non è che io ti incolpi di tutto, Juan. … Sono arrivato alla conclusione che se non ci sono veri colpevoli, allora bisogna inventarseli, bisogna semplicemente puntare il dito contro qualcuno. E’ inevitabile.”
Con quel dito puntato contro e la paura che lo incalza, Juan Caceres affronterà quell’incubo in preda ai più disparati sentimenti, fino al raggiungimento di una singolare rassegnazione, figlia di un lento processo di rinuncia alla vita, che aveva già iniziato inconsapevolmente e al quale si arrenderà considerandolo – quello sì – ineluttabile. In fondo, la sortita di Valle gli ha solo aperto gli occhi sulla sua non-vita, spingendolo a riappropriarsene. Davvero un amico, un vero amico…
Restando in equilibrio sul filo dell’assurdo, Rafael Balanzà ci regala un romanzo intrigante che la critica spagnola, all’indomani della vittoria del prestigioso Premio Café Gijon nel 2009, ha addirittura avvicinato alle opere più famose di Kafka.
L’idea iniziale è quanto meno originale, ma la vera singolarità risiede nel surrealismo degli eventi narrati e la causticità dei dialoghi, che aprono immediatamente un’abissale voragine sotto i piedi del protagonista, che ci precipita senza via di scampo, per riemergerne solo dopo un lungo e doloroso percorso personale.
Con lo spettro di una dipartita precoce, infatti, Caceres è costretto a fare un bilancio della propria vita, bilancio che lo porterà a prendere atto di come la solidità della sua esistenza si sia già incrinata da tempo, senza alcun fragore assordante. Quieta e piatta, così la vita gli stava scivolando tra le dita, prima dello scossone dato dal ferale annuncio.
L’imminenza della morte, quindi, sublimata ad opportunità di miglior comprensione della vita. Ti ucciderò – titolo volutamente senza esclamativo, in sintonia con la mancanza di enfasi nella ferrea volontà omicida di Valle – è infatti un romanzo molto profondo e amaro sul senso del vivere quotidiano, sulle aspirazioni mai concretizzate, sull’evolversi dei rapporti affettivi in senso negativo a seguito di cocenti delusioni. A questo proposito, Balanzà scrive: “Non c’è niente di peggio, glielo assicuro, che rendersi conto che in un determinato giorno, a un’ora precisa, nel giro di pochi secondi (addirittura in un attimo), che la miseria, la sofferenza, l’umiliazione … non sono assolutamente, come credevamo, il residuo o lo scarto della nostra vita, ma al contrario la sostanza principale di cui questa si nutre. E’ come svegliarsi da un sogno – o, diciamo, da una trance ipnotica – e scoprire che siamo stati spinti a degustare, con grande soddisfazione e ridicole maniere da gourmet, un piatto colmo di escrementi.”
Molto interessante è inoltre l’inserimento di un racconto dello stesso Autore all’interno del romanzo, un piccolo-grande indizio che rotola delicatamente sul medesimo sottile filo dell’assurdo che sorregge l’impalcatura della narrazione, ma che lacera definitivamente la trama.
Dal punto di vista squisitamente “giallo”, avrei un rilievo da fare ma, stante il fatto che il romanzo mi ha conquistata, sono disposta a perdonare a Balanzà il fatto che, se fin dall’inizio il protagonista racconta a terzi la sua storia, quanto meno vuol dire che… E no! Non sarò certo io a svelarvi il finale!
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