Bompiani ha recentemente pubblicato Titoli di coda, il volume che, a detta dello stesso autore, Petros Markaris, chiude l’attività inerente la “Trilogia della crisi” e che, se ancora ce ne fosse il bisogno, sancisce l’enorme importanza di questo scrittore e sceneggiatore greco all’interno non solo del panorama del thriller contemporaneo ma della letteratura europea tutta.
Se è vero che la narrativa di genere, e il giallo in particolare, hanno il merito di fotografare con lucidità la realtà, ecco che Petros Markaris fra tutti è forse stato il fotografo più attento, caustico e incisivo, proprio perché per il tremendo e deprecabile corso dei recenti eventi la “sua” Grecia, più di tantissimi altri Paesi, ha pagato duramente e senza nessuno sconto l’attuale crisi economica, e lui non ha mai esitato a far trapelare tutto ciò nei suoi romanzi, regalandoci di volta in volta accurati e disperati quadri di una nazione in ginocchio, che ha pagato fin troppo duramente le assurde esigenze dell’economia contemporanea.
Ora, come enuncia eloquentemente il titolo del romanzo tradotto da A. Di Gregorio, è tempo di tirare le somme e far passare i Titoli di coda, e il bilancio per la Grecia di Markaris, come è facile immaginare, non può essere positivo: la Storia ci ha insegnato che spesso le crisi economiche spianano la strada alla destra più becera, populista e violenta e lo possiamo purtroppo notare anche a casa nostra, figurarsi in Grecia dove Alba Dorata è addirittura entrata in Parlamento.
Cosa collega la morte di un imprenditore, un faccendiere occupato in molte mediazioni d’affari, due imprenditori agricoli e un direttore di una prestigiosa scuola privata? A leggere e dar retta alle rivendicazioni de “I Greci degli Anni Cinquanta” tutte queste persone sono responsabili di avere contribuito in qualche modo alla crisi economica e di aver dissipato nel tempo tutti quelli che erano i valori fondanti della nazione, investendo capitali all’estero, indossando vestiti e guidando macchine straniere e svilendo in un modo o nell’altro l’identità greca in un momento in cui la crisi economica sta già mettendo a durissima prova il fato della nazione.
Il commissario Charitos dovrà indagare su questa sequenza di omicidi in un momento particolarmente stressante della sua vita privata, proprio quando alcuni membri di Alba Dorata hanno aggredito sua figlia, un avvocato schierato a favore dei diritti degli immigrati.
L’epilogo della “Trilogia della crisi” ci mette di fronte a un Paese devastato, in ginocchio, privo di valori, nel quale la corruzione e l’egoismo sembrano guidare le azioni della maggior parte delle persone.
Il commissario Kostas Charitos, definito da più parti sia come “il fratello greco di Maigret” e “il Montalbano di Atene” torna forse per l’ultima volta, dopo una splendida serie di romanzi, ed è un ritorno amaro che, seppur non privo di speranza, ci offre il quadro di un momento cruciale e drammatico per la Grecia e per l’Europa tutta.
Mai come in Petros Markaris il giallo ha saputo toccare corde insieme così liriche e politiche: leggere le sue opere è sempre un piacere che si trasforma puntualmente in dovere e responsabilità di fronte allo spirito dei tempi.
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