Lo svedese Mattias Edvardsson ha esordito nella narrativa thriller nel 2019 con il romanzo Una famiglia quasi normale, tradotto in trenta Paesi. Pochi mesi fa Rizzoli ha pubblicato il suo secondo romanzo, dal titolo Troppo vicini. Lo recensiamo oggi al Thriller Café.
È una sera di ottobre del 2017 quando Micke Andersson, tornando dalla scuola dove insegna educazione fisica, scopre che sua moglie Bianca è stata investita da un’auto mentre usciva di casa. Mentre la coppia di vicini più anziani accorre per accudire i due figli degli Andersson e l’ambulanza si allontana per condurre in ospedale la donna esangue, sul piazzale antistante la casa giace accartocciata la bicicletta rossa di Bianca, e, intorno, gli altri vicini sgomenti. C’è Ola, il dirimpettaio degli Andersson, un banchiere viscido con sulle spalle una condanna per aggressione e un’ira latente ma pronta a debordare; ci sono Jacqueline e Fabian, madre e figlio che vivono nella casa accanto, che continuano a ripetere attoniti che è stato un incidente. Alla guida dell’auto che ha travolto la bici di Bianca, infatti, c’era proprio Jacqueline. Ma se è stato davvero un incidente, perché tutti puntano il dito contro Micke? Perché l’anziana Gun-Britt, appresa la gravità delle condizioni di Bianca, afferma apertamente che ciò che le è accaduto è solo colpa del marito?
È bene chiarirlo subito: quella raccontata da Edvardsson in questo thriller è una storia inverosimile. Attenzione, non che ciò che racconta non possa verificarsi, tutt’altro, ma c’è decisamente troppa carne al fuoco: sono troppi i personaggi disagiati, le stranezze, le variabili, in proporzione al contesto in cui si svolge la storia. Tutto accade, infatti, in un piccolo e tranquillo villaggio della Svezia del sud, e precisamente in un cortile attorno al quale si affacciano quattro case… difficile pensare che vi si possa concentrare una tale quantità di “casi” umani. Se, però, ammettiamo che l’autore abbia voluto esagerare e aggiungiamo che il thriller non si può definire originale (il finale si intuisce parecchio prima dell’epilogo), Troppo vicini rimane un thriller discreto. Il suo punto di forza, infatti, non è l’indagine, né il chiarimento delle dinamiche di quanto accaduto a Bianca. Tutto il libro è, invece, basato su micro salti temporali tra prima e dopo l’incidente. È così che, man mano che evolve la vicenda clinica e le relative implicazioni familiari, scopriamo tassello dopo tassello le vicende pregresse, a partire da due anni prima, dal 2015, momento in cui gli Andersson si sono trasferiti nel villaggio da Stoccolma. Il bello, qui, è osservare come si evolvono i personaggi, scoprirne segreti e difetti, vedere come si sgretola quello scenario da fiaba che aveva convinto la famigliola a trasferirsi, constatare l’impatto che la frequentazione con questi vicini – persone che davano una certa impressione e poi rivelano una realtà diversa – ha sulla coppia e sui figli.
Sebbene, come già anticipato, molte cose siano prevedibili, il thriller è scritto bene, l’autore riesce a mantenere viva l’attenzione e, benché attese, le svolte portano sempre quel minimo di novità che rende la lettura gradevole. Questo secondo thriller di Edvardsson si concentra fondamentalmente sul tema della conoscenza – o non conoscenza reale – dell’altro, di colui che ci è vicino, ma affronta incidentalmente molti temi tra cui i rapporti familiari, le relazioni di coppia, l’educazione dei figli, il bullismo, l’alcolismo, la delinquenza giovanile. A leggerli così i temi potrebbero sembrare fin troppi, ma in realtà sono ben calati nella storia e, sebbene non vengano approfonditi tutti, leggendo non si ha l’impressione che siano forzati o fuori luogo.
In definitiva, Troppo vicini è una discreta lettura che, sebbene non eccelsa, porta ancora una volta la nostra attenzione sull’altro e si inserisce nel filone di thriller svedesi che di recente sembrano voler spingere la società ad analizzarsi dall’interno. Sono molti gli autori che, nei loro thriller, sembrano voler dare della Svezia un’immagine diversa da quella che tutti conosciamo, ed evidenziano le contraddizioni e i molti allarmi sociali che stanno subito sotto la patina lucida di quello che è percepito erroneamente come – e troppo spesso si crede – il Paese perfetto dove tutto va bene.
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