Diego Di Dio ha la (rara) facoltà di individuare la parola giusta e piazzarla al momento giusto. Già dalle prime pagine di Ultimo Sangue, action thriller con sfumature noir, si percepisce la ricercatezza lessicale che sta dietro ogni singola frase, parola, dialogo e metafora che l’autore riesce magistralmente a creare. Una prosa lineare, priva di orpelli, che giunge dritta allo scopo (catturare), senza sbavature né tentennamenti. Come diceva la Merini: “Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire”. Ecco. Nel caso di Diego Di Dio… quelle da dire.
La trama, un mix febbrile di colpi di scena, pause ansiogene e mistero, ruota intorno alla coppia di sicari professionisti, Alisa e Buba (un’unione borderline, la loro, già rodata in Fore Morra di cui Ultimo Sangue può essere considerato il sequel), che ritornano per un’ultima missione omicida commissionata dall’implacabile Donna Teresa, a capo di un potente clan camorrista. Stavolta, però, l’autore sceglie un registro diverso per tratteggiare i due co-protagonisti: non più due meccaniche macchine da morte con la pistola fumante e la caccia spietata all’ennesima vittima, difficile quanto urgente, ma due persone dense di fragilità e infinite contraddizioni.
Alisa e Buba vengono messi a nudo e indagati nel profondo, in una dimensione intima e intimista dove rinascere equivale a far cadere le maschere, anche le più scomode, e ad accettare i compromessi che l’abbracciare una nuova vita (meno “border” e più “line”) comporta. E quindi sì all’ultima resa dei conti e poi l’adieu definitivo. L’uscita di scena senza applausi, il drappo di velluto rosso che scende su un teatro ormai vuoto, una vita finalmente tranquilla.
Ma qualcosa va storto.
Succede, anche nelle redenzioni. Succede, soprattutto nelle redenzioni.
Alisa, Buba, Donna Teresa sono personaggi che restano sottopelle e creano forti sommovimenti emozionali: ci fanno inorridire, rabbrividire, raggelare. Sì, anche arrabbiare. Il poter sondare il loro mondo interiore, fatto di abissi e chiaroscuri esistenziali, è forza, emozione potente, immersione struggente e conferisce alla storia un valore aggiunto. Il valore aggiunto. Indimenticabili, i tre si spartiscono le pagine del romanzo e incarnano la morte, la giustizia, l’onore, la vendetta cieca traghettandoci verso un finale amaro e inaspettato, forse l’unico possibile, forte come un pugno in pieno viso.
Se proprio dovessi scegliere, la figura che ho trovato più affascinante è Alisa. A dispetto delle apparenze e di una condotta contestabile non si riesce a odiarla, a condannarla. Il passato ha picchiato giù duro con lei, senza risparmiarle traumi e ferite indicibili. L’ha costretta a partorirsi un’infinità di volte, l’ha fatta oscillare sull’infido precipizio di una vita, e di una legalità, spesso al limite. Limite che Alisa ha violato in più occasioni ma sempre, nonostante possa suonare paradossale, con un certo rigore e moralità.
Ambientato in una Castel Volturno screziata, degradata e al contempo poetica (le origini partenopee dell’autore si sentono, eccome) Ultimo Sangue è un amalgama di suspense, azione, colpi di scena ben dosati e calibrati, il tutto intessuto con sobria eleganza ed estrema padronanza della tecnica narrativa. Talvolta spietato, talvolta truculento, a tratti commovente questo noir d’azione con spunti di crime thriller è un vero e proprio gioiello di scrittura che, senza ombra di dubbio, merita una lettura. Meglio se due. Lo amerete, ve lo assicuro.
Recensione di Manuela Maccanti.
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