Oggi al Thriller Cafè una recensione per gli amanti dei classici. Stiamo parlando di un romanzo originariamente scritto nel 1953 dall’autore americano Ira Levin, più volte pubblicato in passato anche in Italia (da Garzanti inizialmente nel 1955), ma recentemente riscoperto grazie all’editore romano Sur, che qualche mese l’ha ripubblicato con la traduzione della brava Daniela De Lorenzo. Il romanzo, che è il primo scritto dall’autore, si intitola “Un bacio prima di morire” ed è la storia di un arrampicatore sociale senza scrupoli, Burton (Bud) Corliss, che pur di raggiungere i propri obiettivi non esita a compiere i più efferati delitti, grazie alla sua maestria nell’arte di celare astutamente i propri intendimenti.
Siamo nell’Iowa, cuore profondo dell’America yankee, in una università minore, dove Bud conosce la sua prima vittima Dorothy Kingship, figlia di un ricchissimo magnate newyorchese del rame. Bud è un ragazzo molto bello, con un notevole savoir faire, capace di far innamorare le ragazze con le quali decide di uscire. Ma quando Dorothy, dopo aver chiesto a Bud di sposarla, gli rivela di aspettare un figlio, provoca nel suo amante una crisi enorme, che finirà per fargli compiere un crimine freddamente ideato e pianificato. E questo non sarà che l’inizio di una lunga “carriera” all’insegna del male. Da questo romanzo sono state tratte ben due versioni cinematografiche, la prima con Robert Wagner nei panni di Bud, datata 1956, la seconda con Matt Dillon del 1991.
Levin scrive un romanzo magistrale da molti punti di vista. Non solo per come viene congegnato l’intreccio, che è ricco di colpi di scena e di trovate a effetto (non a caso ha dato vita a due versioni cinematografiche), ma anche per come viene costruita e svelata la psicologia dei personaggi. Non a caso la critica ha accostato più volte questo romanzo alle opere di Alfred Hitchcock. La riprova del talento di questo autore è data anche dalle sue successive opere di enorme successo, come per esempio il romanzo Rosemary’s Baby (dal quale è stato tratto l’indimenticabile film di Roman Polanski) e il testo teatrale Trappola mortale, anch’esso portato sul grande schermo da Sidney Lumet.
Bud Corliss è il simbolo dell’arrivismo sociale senza scrupoli. In un’America ripartita dopo la crisi e la guerra, Bud rappresenta coloro che sono disposti a rinunciare a qualsiasi valore pur di garantirsi ricchezza e successo senza sacrifici, in una corsa folle e spietata verso una posizione che dia loro notorietà, agiatezza e potere. In questo romanzo, con molti anni di anticipo, si intravedono i germi di quella critica sociale che negli anni 60 comincerà ad attraversare la società statunitense. Il grande benessere raggiunto e le enormi ricchezze accumulate nelle mani di pochi saranno la molla di una volontà di rigenerazione che avrà conseguenze ancora per molti decenni a venire. In uno scenario dove la gioventù ha acquisito possibilità che negli anni precedenti non aveva e si accinge a diventare la protagonista degli anni a venire (la traduzione italiana del primo film tratto dal romanzo è stata infatti “Gioventù senza domani”). Quella di quegli anni era un’America che aveva bisogno di sentirsi ancorata ai suoi valori delle origini, se voleva mantenere intatta e non lacerata una struttura sociale che, invece, le possibilità enormi della tecnica rischiavano di frantumare senza speranza di sopravvivenza. Da questo punto di vista, le scene finali nelle quali, sullo sfondo delle azioni dei personaggi, viene descritto il processo industriale per estrarre e produrre il rame, oltre che un piccolo capolavoro di thriller e suspense, mostra con chiarezza la dimensione straniante e potenzialmente devastante dei grandi apparati produttivi.
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