Recensiamo oggi su Thriller Café True Crime Un estraneo al mio fianco, il libro in cui Ann Rule racconta di come per anni avesse frequentato senza saperlo il serial killer Ted Bundy.
Titolo: Un estraneo al mio fianco
Autore: Ann Rule
Editore: Tea
Anno di pubblicazione: 2005
Traduttore: M. Togliani
Pagine: 555
Trama in sintesi:
Nel 1974, alla giornalista di cronaca nera Ann Rule, ex poliziotta con studi in criminologia, viene affidato il compito di scrivere un libro su una serie di terribili delitti compiuti nel corso dell’anno negli Stati di Washington,
Utah e Colorado. Un uomo non ancora identificato violenta e uccide giovani donne, carine, spigliate, i capelli scuri portati con la scriminatura centrale. Racconta l’autrice: “Per sua natura doveva essere scritto in modo distaccato,
fondato su ampie ricerche e non riguardare per nessun motivo la mia vita. Si trasformò invece in un libro profondamente personale, nella storia di un’amicizia unica, che, in un certo senso, trascese i fatti emersi grazie al mio lavoro. A un certo punto, scoprii che l’individuo al centro delle indagini della polizia non era affatto un estraneo, bensì un mio amico”. Comincia con questa rivelazione il racconto della storia di Ted Bundy, nato nel 1946, incarnazione del ragazzo perfetto, bello, colto, ambizioso, avviato ad una brillante carriera di avvocato, che invece si trasforma in uno dei serial killer più efferati che gli Stati Uniti d’America abbiano mai conosciuto. Premuroso con la madre che lo ha cresciuto da sola e con gli amici, da adolescente inizia a seviziare animali e ad avere atteggiamenti anomali con le ragazze del vicinato. Tra il 1974 e il 1978 stuprerà e ucciderà, travestendosi di volta in volta per non essere identificato, un cospicuo numero (tuttora non ufficialmente chiarito) di donne. Descrivendo in modo dettagliato le indagini e le varie tappe dei processi a carico di Bundy, raccontando i numerosi momenti in cui la propria esistenza incrocia nel bene e nel male quella dell’assassino, Ann Rule cerca di comprendere la natura ambigua dell’uomo che ha sconvolto l’America negli anni ’70 e ’80. Ted Bundy, che durante il procedimento giudiziario ha assunto la propria difesa e si è sempre dichiarato innocente, è stato condannato alla sedia elettrica per i suoi ultimi tre omicidi, avvenuti in Florida. E’ stato giustiziato il 24 gennaio 1989.
Ted Bundy rappresenta ancora oggi, a vent’anni di distanza dalla sua morte, uno degli esempi di serial killer più agghiaccianti della storia. E anche più affascinanti. Inutile infatti negare che, dopo aver girato l’ultima pagina
di questo libro, il lettore cerchi di spiegarsi il motivo per cui un uomo bello e interessante, che avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi, finisca invece per rendersi autore di un così elevato numero di orrendi delitti. Perchè un ragazzo che senza difficoltà potrebbe avere relazioni normali con qualsiasi bella donna, sente invece l’impulso di violentarne e ucciderne una? Perchè un uomo istruito, con la prospettiva di un ottimo lavoro, rovina la propria vita in modo così definitivo? Era pazzo? Definito sicuramente sociopatico, al processo si è dimostrato capace di intendere e di volere. Ricordo un documentario sulle agghiaccianti gesta di Bundy, che venne trasmesso qualche anno fa su History Channel. Il giudice che presiedeva l’udienza, Edward Coward, il giorno del verdetto che condannava l’imputato alla pena capitale, gli si rivolse dicendo che non aveva niente di personale nei suoi confronti, e si rammaricò, anzi, del fatto che una persona intelligente e capace come lui avesse scelto una strada tanto abietta. Ma non è soltanto questo che lascia atterriti nell’apprendere le varie fasi dell’esistenza di Ted, la sua inarrestabile escalation di violenza che ha portato gli inquirenti a riconoscerlo autore di venti omicidi accertati (in realtà 28, confesserà lui nell’ultima intervista prima dell’esecuzione), e sospettato di quasi un centinaio. Ciò che davvero spaventa di questa terribile storia, è il dubbio che si insinua nella mente quando si è certi di conoscere un amico, un vicino di casa, un collega di lavoro e all’improvviso si scopre, per caso o perchè qualcun altro lo svela, che questa persona per noi è, in realtà, un perfetto sconosciuto. Un estraneo al nostro fianco, appunto. Può un ragazzo esemplare essere un mostro? Ann Rule si è scontrata con questo allarmante interrogativo. Ha saputo, tramite i suoi contatti con le forze dell’ordine, che l’identità dell’assassino su cui stava scrivendo un libro non era a lei sconosciuta, ma apparteneva addirittura a un uomo al quale era legata da un’amicizia di lunga data. Questa vicinanza con il protagonista della storia è, ovviamente, la vera forza del testo. Sull’onda del suo coinvolgimento emotivo, la scrittrice ci prende per mano e ci conduce attraverso 500 pagine di orrore, offrendo un quadro delle indagini e degli avvenimento obiettivo ma sensibile e pudico, senza scadere nel patetico o, peggio, nel macabro. Questo volume, che ha reso l’autrice capostipite e maestra del filone True Crime, è una riuscita miscela di emozione e repulsione, incredulità e, anche, rabbia. L’ambivalenza dei sentimenti che accompagnano la narratrice nel suo viaggio dallo stordimento iniziale all’inevitabile consapevolezza che deriva dai fatti, è la stessa che prova il lettore fino all’ultima riga. Comprai Un Estraneo al mio Fianco anni fa attratta dalla curiosità di saperne di più sulla vicenda di Ted Bundy, che già conoscevo. Penso che nessuna parola possa riassumere l’obiettivo raggiunto della sua “fatica” meglio di quelle che la stessa Ann Rule usa nella prefazione: “Ted sa che sto scrivendo questo libro. Pur essendo al corrente, ha continuato a inviarmi lettere e a telefonarmi. Credo sappia che cercherò di descriverlo nella sua interezza.”
Giada Melarini
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