Un motivo per mentire - Karin Slaughter

Sara Linton e Will Trent, medico legale e investigatore di punta del Georgia Bureau of Investigation, si sono sposati e si stanno godendo il viaggio di nozze in un magnifico resort tra i boschi del Nord della Georgia. Così inizia l’ultimo romanzo di Karin Slaughter: “Un motivo per mentire”, pubblicato da HarperCollins e tradotto da Anna Ricci. Il resort è gestito dalla famiglia McAlpine da moltissimi anni e può essere raggiunto solo a piedi dopo un lungo cammino. Si tratta di un alloggio di lusso, con tutti i comfort, ad eccezione della possibilità di usare Internet, che i proprietari proibiscono tassativamente. Sembrerebbe quindi un luogo paradisiaco nel quale godersi un meritato riposo, ma proprio alla prima sera della vacanza, la direttrice della struttura, Mercy, viene selvaggiamente pugnalata a morte. Saranno Sara e Will a dover condurre le indagini, dopo aver ammesso di aver mentito dicendo ai gestori che erano un meccanico e un’insegnante.

Karin Slaughter ci propone una variazione sul tema del delitto della camera chiusa. Non siamo in un vecchio castello, né in un teatro o su un treno, come avrebbe forse prediletto Agatha Christie, ma il resort e comunque un luogo isolato e praticamente inaccessibile dall’esterno e il colpevole del delitto deve necessariamente essere uno degli ospiti della struttura. L’intreccio è quindi immaginato per poter esplorare ogni personaggio, analizzandone la vita precedente e la personalità, per condurci a scoprire chi ha commesso l’omicidio. L’autrice ha anche deciso di movimentare la situazione facendo ogni tanto qualche incursione indietro nel tempo, aiutando così il lettore a ritrovare il bandolo della matassa e aumentando la suspense. Nel complesso, l’impianto narrativo funziona discretamente pur con qualche appesantimento forse eccessivo nel ripercorrere il passato dei personaggi.

Rispetto ai soliti intrighi della Slaughter, in questo romanzo ci sono meno indagini, meno autopsie e rinvenimento delle prove in laboratorio e più analisi psicologica dei personaggi, oltre che una profonda e completa ricostruzione degli ambienti sociali di Atlanta, città dalla quale provengono tutti gli ospiti e tutto il personale del resort. Inoltre, uscendo dal laboratorio c’è anche più spazio per l’azione sul campo, sebbene si tratti di muoversi in una sorta di “non luogo” completamente isolato (più volte è richiamata nel romanzo la “sacralità” della location, già patria di nativi e terreno di scontro nelle guerra civile), che a tratti sfiora i contorni dell’Overlook Hotel di Shining, ma questa volta popolato da una ventina di persone. C’è quindi, sullo sfondo, il tema della natura immensa, fredda e un po’ ostile, che costringe gli esseri umani a piegarla alla loro volontà per potersi adattare.

Ma il tema vero, cardine assoluto dell’opera, è quello della famiglia. Una famiglia in partenza con il matrimonio di Sara e Will e una famiglia allargata e consolidata come quella dei McAlpine che gestiscono il resort. La prima all’apice dell’entusiasmo per i nuovi orizzonti che si aprono, la seconda consumata dal tempo, dalle stanche ritualità, dalle violenze e dalle prevaricazioni che ne hanno segnato la storia. E siccome Karin Slaughter ama collocare le vicende nel contesto sociale di riferimento, è chiaro che qui stiamo parlando delle famiglie del vecchio Sud degli Stati Uniti. Patriarcali, razziste disfunzionali, ma sempre apparentemente perfette per poter salvare l’apparenza. C’è, in questo romanzo della Slaughter, come a dire il vero un po’ in tutte le sue opere, tantissima rabbia nei confronti della dimensione più ottusamente conservatrice delle famiglie georgiane tradizionali. Rabbia che ci spinge a comprendere come sia difficile per una donna che vuole cambiare lo stato di cose tradizionale avere voce in capitolo in questi territori che paiono avere il volto voltato verso il passato. Se per caso ci fosse ancora qualcuno di noi che nelle cronache degli ultimi anni non ha capito cosa sia il “patriarcato”, legga questo romanzo e lo capirà sicuramente e, anzi, si sentirà in dovere di fare qualcosa per cambiare questo stato di cose che oggi non è più tollerabile.

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Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 143 articoli:

Libri della serie "Will Trent"

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