Un ritornello non fa primavera - Philippe Georget

A Philippe Georget devono piacere i nomi delle stagioni. Esce infatti, a distanza di una decina d’anni dal primo, il suo ultimo romanzo: “Un ritornello non fa primavera”, che è anche il quarto e ultimo a contenere nel titolo il nome di una stagione e che oggi ho il piacere di recensire qui a Thriller Cafè. In Italia, dove “Crimes d’hiver” non è mai uscito (saremo invernofobi?), è pubblicato da E/o, con la traduzione di Silvia Manfredo.

Protagonista è sempre il simpatico ispettore Gilles Sebag, investigatore della Polizia di Perpignan, città di tradizione catalana nel Sud-Ovest della Francia. Sebag è un anti-eroe per eccellenza. Calmo, riflessivo, fine analista psicologico, Georget lo paragona esplicitamente al tenente Colombo, al quale in effetti potrebbe somigliare.

In questo caso lo troviamo alle prese con un omicidio e una rapina, avvenuti contemporaneamente nel corso della processione del Sanch, storica rappresentazione del venerdì santo prima di Pasqua, nella quale gli appartenenti alla Confarternita del Sanch sfilano incappucciati flagellandosi (almeno un tempo, ora meno) per espiare i propri peccati. Proprio uno degli incappucciati con il tradizionale copricapo chiamato caparutxa è la vittima designata. Sebag dovrà quindi districarsi in un terreno minato, rischiando di pregiudicare l’inviolabile reputazione della Confraternita.

A dire il vero, insieme a Sebag, Georget mette al centro del romanzo un altro personaggio. Ma in questo caso si tratta di un personaggio realmente esistito: il celebre cantante Charles Trenet, che proprio a Perpignan ha vissuto tratti della propria vita. Sarà infatti da una storica dimora di proprietà della famiglia Trenet che arriverà la soluzione del mistero.

Devo dirvi che io sono stato conquistato dalla calma fermezza di Sebag, che Georget delinea in modo molto abile. Ne svela i pensieri e le elaborazioni, senza farci perdere nulla del percorso dell’indagine, alla quale a chi legge sembrerà un po’ di prendere parte. A questo alterna i pensieri dell’assassino, ovviamente senza svelarcene l’identità. La soluzione del caso vi sembrerà quindi quasi una partita a scacchi fatta di mosse e contromosse. In più, per non appesantire troppo la narrazione, ogni tanto Gilles Sebag fa a proprio beneficio dei piccoli riassunti mentali della situazione, che ci mettono al corrente di sviluppi secondari che Georget preferisce non affrontare “in diretta”. Chissà se il passato di giornalista di Georget può aver contribuito a questa tecnica? Il tutto impostato su un registro di fine ironia che alleggerisce il racconto. Chapeau, direbbero i francesi.

Proprio perché Georget ama la cura dei particolari, ci sono tanti piccoli ingredienti in questo romanzo. C’è un elogio della lettura, perché Gilles Sebag riscopre in questo romanzo il piacere dei libri. C’è un omaggio alle tradizioni catalane di Perpignan, francese, ma sempre attratta da Barcellona, così vicina e così presente nella cultura del luogo. C’è il tema dichi vive “ai margini”, con la bella figura del clochard Nicolas, dei giovani punkabbestia e della comunità gitana di Perpignan. Più in generale, il tema delle diversità, negli stili di vita e nelle abitudini sessuali, e quello collegato dell’omofobia. E, forse, il tema più presente di tutti è quello della verità. O meglio, della precarietà delle verità, al plurale, in un mondo che cambia sempre più velocemente e nel quale anche le tradizioni secolari e le appartenenze più solide sono messe a dura prova.

Nel complesso, cari avventori del Thriller Cafè, a me è parsa una lettura decisamente piacevole. Vi sembrerà di sorseggiare quei cocktail, per rimanere in tema, nei quali sono contenuti una moltitudine di ingredienti in proporzioni limitate, ma che, alla fine, vi offrono un sapore che vi convince. Il tutto cullati dalle indimenticabili canzoni di Charles Trenet, che, senza mai abbandonarvi, faranno da colonna sonora al romanzo.

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Un ritornello non fa primavera
  • Georget, Philippe (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 145 articoli: