Cari avventori del Thriller Café, non sempre le antologie colgono nel segno ma Una settimana in giallo, edita da Sellerio, contiene l’esatto mix di ingredienti che gradisco in una lettura noir: cupezza, sarcasmo, intrigo, mistero, cupidigia, perfidia, suspense.
Alicia Giménez-Bartlett, Andrej Longo, Marco Malvaldi, Antonio Manzini, Santo Piazzese, Francesco Recami, Alessandro Robecchi, Gaetano Savatteri, Giampaolo Simi, Fabio Stassi, Simona Tanzini, undici prestigiosi Autori che presentano le investigazioni dei loro beniamini (da Petra Delicado a Rocco Schiavone, passando per Vince Corso, Lamanna e Piccionello e Alice Martelli, tanto per citarne alcuni).
Giocando quindi sul tema “bevanda natalizia”, proverò ad incuriosirvi, paragonando ogni racconto dell’Antologia a un singolo ingrediente con il quale profumare il vostro tè di Natale da sorseggiare, rigorosamente bollente, durante la lettura.
Serene Feste a tutti dall’aiuto barman dai capelli rossi.
PEPE NERO (potente e persistente come il sarcasmo di Petra): Tutti vogliono essere belli di Alicia Giménez-Bartlett
“In tutte le famiglie ci sono buoni motivi per desiderare la morte di uno dei componenti. La verità è che la maggior parte della gente non ha abbastanza iniziativa”.
“Cavoli, Petra! Quello che dice è talmente cinico che non voglio nemmeno pensarci”. (Pag. 26)
TE’ NERO (forte e robusto come la tenacia degli investigatori): Occhi di Alessandro Robecchi
Carlo si vede la scena: il vecchio trapunto di tubi e il giovane notaio che prende appunti.
“Dettare un testamento dev’essere un pò come tirare delle somme” dice.
La Cirrielli si mette comoda, si rivolge al notaio e indica Carlo con un cenno del mento: “Perdoni il nostro amico, ogni tanto deve dare una sfumatura letteraria”. (pag. 39)
FETTA DI ARANCIA (gradevole, dopo un risveglio da single malt): Domenica, benedetta domenica di Santo Piazzese
Dopo cena, scegliemmo un dvd con un film di Bogdanovich, Rumori fuori scena, in versione originale, con i sottotitoli. Classe altissima. Dialoghi a orologeria. Una delizia. E il vecchio Michael Caine è uno dei miei attori preferiti, tra i contemporanei. Ce lo iniettammo con l’appoggio tattico di un paio di flebo di Lagavulin 16. Riuscii a confinare in un’area periferica dei miei circuiti neuronali la storia di Orlando. Almeno fino al risveglio. (pag. 95)
ZUCCHERO DI CANNA (metaforico come “neve”, d’altronde): La neve a Natale di Andrej Longo
“Francesco?”
“Si, purtroppo suo marito è morto”. […]
“Ma com’è possibile?” chiede Giovanna. “Un incidente?”.
“No signora, è stato ammazzato”.
“Ammazzato…?”.
E lo dice con un tono che pare quasi non capire il significato di quella parola.
“Uh Gesù benedetto, proprio oggi” esclama Vincenza.
Con una mano si fa svelta il segno della croce, ripetendo un’altra volta: “Gesù benedetto, proprio oggi”. (Pag. 109)
SPICCHI DI MELA (che ospita un bruco mangia coscienze): Triste, solitario e alla fine di Fabio Stassi
Afferrai un romanzo di Italo Calvino e lo squadernai a caso. Anche quello si era trasformato in un manifesto futurista: larghi spazi vuoti, un verbo, una congiunzione, nessuna logica. I dialoghi volatilizzati. Solo qualche frammento di frase, delle virgole sospese per aria.
“Che succede?”.
“Non lo hai capito da te?”.
“No”.
“I personaggi stanno scomparendo dai romanzi. Non tutti ancora, per fortuna. Ma una buona parte, sì”. (pag. 132)
CARDAMOMO (spezia preziosa, come il prezioso “carico” perso in mare): Per l’alto mare aperto di Gaetano Savatteri
Navigare. Per l’alto mare aperto, direbbe il ghibellin fuggiasco. E’ più semplice, molto più comodo, navigare su Google. Morti nel Mediterraneo: milletrecento nel 2019, cinquecento nel 2020, centosettanta nei primi tre mesi dell’anno. Numeri puliti, asettici. Senza urla né grida. Naufragio al largo di Lampedusa, naufragio al largo delle coste libiche, naufragio al largo della Spagna. Memento: bisogna evitare il largo, meglio stare nello stretto. (pag. 173)
MIELE (appiccicoso e dolcissimo come Massimo e Alice): Giovedì gnocchi di Marco Malvaldi
“Massimo, ti sembrerà incredibile ma non sono solo un contenitore di figlioli, sono anche un poliziotto. E adesso avrei bisogno del gestore di pubblico esercizio e non del marito premuroso, che fra l’altro non sei credibile”.
“Agli ordini, signor vicequestore”.
“Così ti voglio. Senti, voi fate mai gli gnocchi con le capesante?”.
“No. Mai messi”.
“Mi servirebbe sapere se qualcuno in zona li propone. Fai un piccolo sondaggio?”
“Voglia da donna incinta o ultimo pasto del tuo cliente?” (pag. 217)
CANNELLA (adatta al tè della Regina del Giallo): Miss Purple di Simona Tanzini
Chiamo. Tre squilli, poi risponde un’allegra voce verde bottiglia chiaro.
“Miss Purple!”.
Eh?
“Prego?”.
Ride.
“Miss Purple. Mentre pensavo a te su un’isola deserta con un cadavere e un gruppetto di sospetti assassini, tipo Dieci piccoli indiani, ho capito che è un nome perfetto”. (pag. 251)
CHIODI DI GAROFANO (persistente come l’odio): Il permesso premio di Giampaolo Simi
“Mio fratello lo odiavano tutti…crede che non lo sapessimo? Ma lui… sembrava che ci tenesse a essere odiato. Lei cosa pensa dell’odio?”.
Una domanda del cazzo, altisonante e per giunta calata dall’altro con un bicchiere di brandy in mano. Meritava una risposta adeguata.
“L’odio? Lo trovo più affidabile. Smettere di amare, sa, quello capita anche in un giorno o in un’ora. Anche non volendo. Smettere di odiare è difficile, ci vuole molto impegno, molto tempo e poi non è detto che ci si riesca”. (pag. 281)
ANICE STELLATO (dalla forma geometrica che ricorda un labirinto): Una settimana enigmatica di Francesco Recami
Che cos’è un labirinto? In senso figurato è una “situazione complicata e tortuosa, da cui non si vede come si possa uscire”. E questa volta mi trovo davanti a una situazione labirintica, per cui cerchiamo di raccogliere i fatti, o le impressioni, a cominciare da un vago ricordo. Una volta facevo i labirinti sulla “Settimana Enigmistica”. Spesso non mi riuscivano e mi bloccavo in vicoli ciechi. Poi trovai una soluzione infallibile: basta farli alla rovescia, cioè partire dall’uscita e risalire fino all’entrata. Lo so, significa barare, non è corretto. Ma una volta tracciato con la penna biro il percorso, chi mai si accorgerà che l’avete fatto alla rovescia?
ZENZERO (come la lingua “pizzicosa” di Schiavone): Confini di Antonio Manzini
“Ricevo una telefonata dalla sûreté… si tratta di un cadavere ritrovato su, al Monte Bianco”.
“Roba nostra?”.
“E’ lì il busillis“. Costa si alzò in piedi e prese un foglio di carta. “Trovato in territorio francese”.
“E allora?”
“Sostengono, sempre quelli della sûreté, che questo cadavere si muove”.
Rocco scosse la tesa: “Allora dovrebbero chiama’ il Vaticano”.
“Faccia poco lo spiritoso. Dicono che qualcuno ce l’ha portato dal territorio italiano”.
“Prove?”.
“Non ne hanno”.
“E allora il mio consiglio è di mandarli a quel paese, dottor Costa. Rompono i coglioni coi confini lassù da 170 anni, se lo tenessero il cadavere”. (pag. 333)
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