Nell’accingermi a recensire Undercover di Roberto Riccardi, credo sia indispensabile parlare della collezione Sabot/age delle edizioni e/o perché questo libro deve essere letto e apprezzato nella coralità e soprattutto negli intenti della raccolta diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto.
Con questa collana non a caso chiamata Sabot/age si propongono ai lettori storie senza menzogna. Storie che i media nascondono al pubblico. Non una letteratura d’inchiesta o di denuncia, ma una letteratura informativa vera e attenta al nostro vivere quotidiano, che ha il coraggio di sviscerare cose nascoste e al contempo ben presenti a tutti noi, e questo a prescindere dal genere letterario scelto, infatti, si spazia con facilità dal pulp al poliziesco. Quello che importa è solo la fedeltà al progetto base e la ricerca di nuovi scrittori in grado di raccontare storie forti e soprattutto ben scritte.
Fatta questa doverosa premessa parlerò del libro di Roberto Riccardi con il giusto spirito, anche perché ci troviamo dinanzi a un romanzo scritto appositamente per far parte di questa collana editoriale.
Innanzitutto Roberto Riccardi è colonnello dell’Arma dei Carabinieri e direttore della rivista Il Carabiniere. Per anni ha lavorato tra la Sicilia e la Calabria indagando sulle attività criminali delle principali famiglie mafiose e della ‘ndrangheta, ed ha anche comandato la Sezione antidroga del Nucleo investigativo di Roma, svolgendo indagini in campo internazionale.
Ecco, tutta quest’esperienza è messa in campo dall’autore di Undercover insieme a una splendida narrazione ricca del miglior ritmo del romanzo d’azione, con trame complesse e scenari che abbracciano luoghi famosi e non. Con personaggi contorti o disadattati, ma soprattutto Undercover è un ricco, prodigioso racconto carico d’informazioni sul traffico di droga, dalla sua produzione nelle haciendas sudamericane al suo smercio. Informazioni che spiegano anche il funzionamento di strutture criminali mondiali come la Zetas messicana o la ‘ndrina calabrese, con le sue entrature nei posti che contano, e la sua organizzazione su base familiare dedita agli affari, al riciclaggio del denaro sporco, allo sfruttamento della mano d’opera e soprattutto al business della droga, comprata direttamente dai narcotrafficanti colombiani. “I calabresi invece sono intelligenti, si muovono sottotraccia come piante da radici sotterranee. Hanno soppiantato i siciliani in Estremo Oriente e nelle Americhe, in Australia e in Europa. Ovunque ci fosse da guadagnare arrivano loro. Sono diventati leader nel traffico mondiale della droga pur senza possedere fonti di produzione, pagando al bamba colombiana con l’eroina, mettendo i capitali al sicuro nei paradisi fiscali, investendo, comprando governi e scalando multinazionali“. Un bombardamento di notizie descritte magistralmente e con un realismo tale che, soltanto chi le ha vissute sul campo in prima persona ha potuto descrivere così bene. Riccardi ci regala anche informazioni riservate sulle stanze dei poteri usando anche il gergo tecnico/politico/militare a noi del tutto sconosciuto, vedi il cosiddetto “giro di tavolo” e si dilunga anche sulla scuola di formazione per agenti Undercover (che agiscono sotto copertura). Uomini che esistono sul serio, e che a rischio della loro vita, s’infiltrano nelle fila della criminalità organizzata nell’eterna lotta fra il bene e il male. Uomini veri non uomini che esistono solo nei racconti o nei film.
Romanzi così, mi spiego meglio, romanzi di questo genere ne abbiamo letti tanti, ma quello di Riccardi oltre a distinguersi per uno stile letterario perfetto (privo anche di una semplice ripetizione), è narrato con un ritmo incalzante, nella coralità dei suoi personaggi. È pieno di colpi di scena, e al contempo sa essere altrettanto lieve e scorrevole, senza dilungarsi molto su alcuni aspetti, distinguendosi parecchio per le informazioni sul traffico internazionale della droga e facendoti riflettere su quanto organizzate e altrettanto globalizzate sono le stesse organizzazioni criminali, a volte facendoti anche vergognare di essere italiano.
Il personaggio principale Rocco Liguori, carabiniere undercover, è descritto con gran rigore psicologico senza mai diventare pesante, o peggio, didascalico. È piuttosto reale perché combattuto da quei dubbi insiti nell’uomo, tali da rendercelo particolarmente vicino, ma sempre, in ogni momento e in ogni caso, Rocco Liguori resta servitore di una giustizia che gli fa onore pure quando se ne potrebbe fare a meno perché, come dice il sottotitolo: “Niente è come sembra”.
Questo è Roberto Riccardi e questo è il suo Rocco Liguori: “Entro in lei come Ulisse nella città nemica. Ma nel suo corpo c’è una passione che sconfigge ogni guerra. I suoi occhi, nel buio, sono ali che portano in cielo, e non m’importa se sono di cera, so solo che adesso sto volando. Attimi in cui il tempo resta fuori della stanza, come la pioggia, come le scarpe. Poi le sue parole che non mi aspettavo. << Ti amo>>. Una montagna fatta di tre sillabe. Una frase che si dice all’inizio o alla fine di una storia, quando è troppo presto o troppo tardi. Non c’entra niente su questo letto dove ho portato l’inganno e il desiderio“.
Leggetelo.
La trama
Undercover, sotto copertura. È questo il ruolo che Rocco Liguori si è cucito addosso da quando ha cominciato la sua carriera nell’Arma dei Carabinieri. La sua è una storia già scritta: figlio di un Carabiniere in una terra stremata dalla ‘ndrangheta, da piccolo tirava calci al pallone con i figli dei banditi, di fronte a quegli uomini più grandi della giustizia lui abbassava lo sguardo ma ora, da sbirro, vuole guardare in faccia chi dilania ogni giorno la sua terra e cambiare le cose. Per questo frequenta il corso di Undercover dove “niente è come sembra”, così come ha sentenziato il Regista il primo giorno di corso. Lui, il Regista, è Nicola Clemente, un undercover di razza che sarà fondamentale per la crescita professionale e le scelte di Rocco.
Gli anni passano e Rocco vuole darsi alla carriera militare e spogliarsi dei panni difficili dell’undercover fino a quando una telefonata non scompiglia nuovamente i suoi piani. La chiamata arriva da Vera Morandi, l’agente dagli occhi nocciola che Rocco non ha mai dimenticato. Allora Liguori deve tornare alla sezione antidroga per portare avanti un’indagine a livello internazionale, lo deve al suo passato e lo deve al futuro.
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