Uno dei titoli pubblicati da Perdisa Pop recentemente, recensiamo oggi Undicesimo comandamento, romanzo partorito dalla penna di Elena Mearini.
Titolo: Undicesimo comandamento
Autore: Elena Mearini
Editore: Perdisa Pop editore
Anno: 2011
Serena è una giovane donna che conosce il dolore e la solitudine. A soli cinque anni ha perso entrambi i genitori ed è stata cresciuta da Rinaldo, uno zio costretto ad abbandonare la carriera di pugile per occuparsi di lei. Allevata in un clima di amarezza e disperazione, Serena sposa un uomo violento, di cui subisce i maltrattamenti senza battere ciglio, perché ha deciso di portare una croce, di replicare il cammino di Cristo, le stazioni della Passione, convinta che per ogni pena subita le verrà data in premio una dose di affetto. Così Serena sopporta come un Cristo al femminile, fino a quando si accorge che la storia della croce è difettosa, che il mondo reale non concede premi e che lei ha il dovere di reagire.
Quando leggo un romanzo ho sempre una penna e sottolineo spesso le frasi che mi colpiscono particolarmente, inoltre a margine annoto diversi appunti, insomma, vivo il libro come una palestra e non come un santuario. Ieri ho fatto la stessa cosa con Undicesimo comandamento di Elena Mearini. Alla fine della lettura, avendo usato per giunta un colore rosso, mi sono accorto di averlo trasformato in un campo di battaglia. Ho praticamente segnato tutto. La conclusione per me è una sola, Undicesimo comandamento è davvero un ottimo libro. Non solo per la costruzione psicologica in se stessa, sempre accurata e precisa, ma anche e soprattutto per il suo linguaggio al singolare, conciso, pulsante, sempre poetico, di rara forza espressiva, del tutto introvabile nell’attuale panorama letterario italiano. Un esempio: “La bocca si allena a chiedere aiuto. Ma è parola troppo grande, ci sta scomoda nel palato, soffoca contro le gengive. E muore prima di essere voce.”
E così è per tutto il romanzo fin dall’incipit dotato di una gran forza drammatica, coinvolgente e sorda, che in poche righe riesce a creare un misero scenario di disarmante abbandono che inchioda alla sedia, facendo entrare il lettore nel debole cuore di una donna succube della violenza fisica e psicologica perpetrata dal marito all’interno delle sue mura domestiche: “Quando lui entra in casa io ricevo lo sfratto. Incute il timore dell’ufficiale giudiziario venuto a strapparti il tetto da sopra la testa. Il pavimento da sotto i piedi. La sua presenza mi schiaccia contro la parete. Riduce il mio corpo allo spessore dell’intonaco bianco. Mi ritrovo donna da un millimetro, spalmata alle mura e confusa al cemento. Perdo la libertà del cammino.”
La disarmante rappresentazione della violenza perpetuata ogni giorno sul fisico e sulla coscienza della povera protagonista del dramma, è descritta dalla Mearini con sconsolata forza espressiva. Il lettore è obbligato a partecipare alla tragedia domestica con l’impotenza dei deboli che oramai sono abbandonati al loro ineluttabile destino, soggiogati dal male, senza un minimo d’autostima: “Mi spoglio. Assecondo la sua convinzione come una parete fa con il suolo. Fedele al comando di non prendere iniziativa che non sia volere di fondamenta. La camicia mi cade ai piedi. È pezzo d’intonaco crollato a terra. Perdo un secondo strato con i calzoni. Cade anche l’ultimo rivestimento. Con le mutande e il reggiseno.”
La giovane Serena sottomessa ad un destino infame che l’ha privata dei suoi genitori quando era ancora una bambina, cresce con lo zio Ronaldo che per il dovere morale di farsi carico della piccola, rinunzia alla sua vita privata perdendo la donna che amava e abbandonando la carriera di pugile. L’unica conseguenza è quella di educare una sventurata bambina nell’indifferenza, nel rimpianto, e nell’alcool della sua frustrazione. E Serena cresce con un gran senso di colpa. Cresce senza un minimo d’autostima con l’inevitabile conseguenza di avere un carattere debole e sottomesso. Per questo suo marito Diego, un giovane legale sadico e deviato, la maltratta fino a renderla inerte al dolore. E lei sopporta tutto questo come un Cristo femminile, come se tutto fosse dovuto, ineluttabile e giusto per espiare quel senso di colpa di essere sopravvissuta e rimasta sola al mondo. Ma questo finché non accade un fatto straordinario. Una nuova vita sta per crescere dentro di lei. Allora una forza. Una nuova forza esclusivamente femminile, riesce a farla combattere. E quella forza di nome maternità, riesce ad operare il riscatto per il bene della giovane vita che porta in grembo. Serena reagirà, obbedendo all’undicesimo comandamento: uccidi chi non ti ama.
Questa storia triste, mirabilmente descritta con linguaggio poetico e sincopato da Elena Mearini si traduce in fine in un messaggio di speranza per tutte quelle donne vittime di violenza, e dona loro quella consapevolezza di combattere contro tutto e tutti per il diritto di una esistenza pacifica, normale e piena d’amore. Amore vero. Quello di una madre al figlio.
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