Franck Thilliez è uno di quegli scrittori a cui si adatta perfettamente la categoria del thriller. Nella sua ultima uscita in Italia, “Vertigine”, appena pubblicato da Fazi nella serie Darkside (traduzione di Daniela De Lorenzo), lo dimostra ampiamente. Anche in questo romanzo, infatti, il lettore è collocato al centro di uno scenario cupo e claustrofobico, dove i personaggi, dei quali lo scrittore francese ama mostrarci in particolare i lati oscuri e tenebrosi, lottano (verrebbe da dire invano) per guadagnare un’esistenza “normale”, al riparo dai delitti e dal male.

Jonathan Touvier è il protagonista del romanzo, colui che conduce in prima persona la narrazione. Dopo un passato da alpinista di successo, lo ritroviamo nel buio di una grotta, nella quale si risveglia in catene senza riuscire a capire chi l’abbia condotto lì e imprigionato. Capirà in breve tempo di non essere da solo. Sono con lui altri due uomini: Michel Marquis e Farid Houmad, oltre al suo cane Pokhara. Sono stati tutti rapiti, narcotizzati, e condotti in questa cavità oscura. Imprigionati e privi delle più elementari attrezzature necessarie per vivere, dotati soltanto, per volontà dei loro rapitori, di pochissime cose che permettono loro di mantenersi in vita al minimo delle condizioni di sopravvivenza. Riusciranno a non morire per il tempo necessario a trovare il modo di uscire? Saranno in grado di creare una forma di convivenza civile che eviti loro di scannarsi l’uno con l’altro? Franck Thilliez è un maestro nei colpi di scena ed è ricco di fantasia e quindi avrete già capito che il percorso verso la fine della storia sarà pieno di sorprese.

Il romanzo parte da un’idea che a prima vista potrebbe sembrare banale e forse neanche troppo originale, ma Thilliez gli costruisce attorno una serie di dettagli che lo arricchiscono notevolmente. Intanto, attraverso continui flash-back, i tre personaggi rivelano agli altri la loro vita, scoprendola piano piano, attraverso un viaggio che finisce per essere anche un viaggio dentro la propria psiche. Poi, il piano architettato da chi ha rapito e condotto lì i tre malcapitati è ingegnoso e ricco di colpi di scena. In ultimo, i tre non sono gli unici personaggi del romanzo, perché attraverso la narrazione ne emergeranno ben presto altri, che non sono presenti nella grotta, ma che risulteranno essere tanto importanti quanto i protagonisti.

Chiaramente, la grotta è una metafora della nostra condizione di vita e, quindi, essere costretti a vedere gli abissi che si aprono all’interno della superficie terrestre equivale a guardare in profondità dentro sé stessi. Così, come il sottosuolo è popolato di strane creature e tende a imprigionare che vi cade all’interno senza essere adeguatamente preparato, così la nostra anima oscura è una trappola nella quale noi rischiamo continuamente di precipitare. In questo, siamo perfettamente in linea con tutti i lavori di Thilliez, dai quali emerge una sorta di rischio costante e perenne di essere trascinati verso il male e gli abissi, che sembrano esercitare una perversa attrazione anche nei confronti delle persone “normali”.

In più, a caratterizzare “Vertigine”, c’è la costante riflessione sulla Natura. Una Natura quasi mai positiva, ma sempre densa di trappole e ostile verso gli esseri viventi. Acefala e impietosa, compie il proprio corso senza alcuna finalità. Nel romanzo di Thilliez non c’è spazio per un’entità superiore che sia in grado di proteggere gli esseri viventi, alcuna possibilità di fede o speranza, se non forse la fratellanza umana che deriva dalla coscienza della propria inferiorità. Un romanzo che va letto con un certo distacco, perché al suo interno non mancano le scene forti. Ridotti alle più elementari condizioni animalesche (dove in questo caso non vi è nessun connotato positivo legato all’animalità), privi di un fine ultimo chiaramente decifrabile, gli esseri umani sopravvivono anche nelle più infime condizioni di miseria, degrado e orrore, dando l’impressione che non ci possa quasi essere un limite al peggio.

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Vertigine
  • Thilliez, Franck (Autore)

Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 145 articoli: