Al Thriller Café recensiamo oggi Victims, romanzo di esordio dello scrittore svedese Bo Svernstrom, pubblicato da Longanesi con traduzione di Andrea Berardini.
“È buio. Una fresca brezza primaverile attraversa il parco. Mi appoggio a un albero. Resto immobile. Manca poco a mezzanotte.
Dal centro di Stoccolma arrivano i consueti rumori di fondo: auto, bus, treni della metropolitana. Un brusio costante a cui da tempo non presto più attenzione ma che ora torno a sentire.
Il parco è quasi deserto. Di sera nessuno ha il coraggio di entrarci. Hanno paura dei sentieri poco illuminati, dei pericoli in agguato, immaginari o reali. Pericoli come me.
La collina su cui mi trovo è ai margini del parco, accanto al parcheggio degli orti urbani. Uno dei lampioni non funziona, il che lascia la collina quasi completamente al buio. Indosso abiti mimetici e un passamontagna nero sul volto, sono pressoché invisibile.
Finora solo una persona ha percorso il sentiero più in basso. A meno di due metri da me. Non mi ha visto, ma io ho sentito il suo respiro. Rapido, breve, come se avesse paura.
Da quel momento è passata un’ora. Non ho fretta. Il parcheggio è a meno di trenta metri dal mio nascondiglio. La sua auto è lì. Il sentiero ai piedi della collina è il percorso più ovvio per raggiungerla, so che passerà di lì.
Per un istante brevissimo chiudo gli occhi, inspiro il profumo di terra e provo un senso di liberazione. Sollievo.
Alla fine arriva, lo sento. Cammina scivolando sulla ghiaia antighiaccio sparsa durante l’inverno. Ha un passo dinoccolato, si muove arrancando, ma in modo aggressivo. Anche al buio comunica imprevedibilità. Ferocia. Violenza.
Entra nell’ombra sotto di me. Passi irregolari, ubriachi. Ha già tirato fuori le chiavi dell’auto e le tiene in mano – per risparmiare tempo o perché ha paura? – ma continua ad avanzare risoluto, con eccessiva sicurezza.
Ancora due metri. Uno…”
Tutto comincia un giorno di un maggio insolitamente caldo a Stoccolma, quando in un capannone viene ritrovato il corpo di un uomo ucciso con modalità particolarmente cruente: è stato stordito con una pistola elettrica, trasportato nel capanno, torturato selvaggiamente e poi ucciso. Ma, mentre compiono i rilievi di rito, i tecnici vengono distratti da un urlo lacerante: è l’uomo che, con tutta evidenza, non era morto. Purtroppo la sua fine è segnata: poco dopo morirà in ospedale in circostanze alquanto dubbie… La vittima era nota alla polizia per uno stupro che aveva commesso anni prima; tuttavia ben presto Carl Edson, il commissario a capo dell’indagine, e la sua squadra comprenderanno che l’uomo è solo il primo di una serie di morti noti alla polizia: c’è un serial killer in azione, un serial killer dannatamente bravo, che uccide le vittime seguendo un’apparente pena del contrappasso, ossia torturandole nei modi che le stesse avevano usato per i loro reati precedenti. Come sceglie gli uomini che uccide? Dimostra conoscenze specifiche che farebbero pensare a un professionista, ma qual è il suo movente? Quale il suo piano? Quando si fermerà? Fra i giornalisti più accaniti nel seguire il caso ce n’è una che sembra arrivare alle notizie sempre prima degli altri: è Alexandra Bengtsson dell’Aftonbladet. Chi le passa le informazioni? Chi sono le sue fonti? C’è una talpa nella polizia?
Victims è un thriller alquanto singolare (e non è detto che sia una cosa positiva): c’è qualcosa che non ha funzionato nella scrittura o forse nella trama. Per cominciare, la storia è raccontata a due voci, una voce esterna – un narratore che racconta le indagini e il punto di vista della polizia e di alcune delle vittime – e una in prima persona, la viva voce dell’assassino che, per la verità, si autosvela all’incirca a metà libro. Stilisticamente la differenza di registro linguistico e di tono si avverte distintamente: nella parte in terza persona il periodare è breve, smozzicato, quasi esitante; quando a parlare è invece l’assassino le frasi sono più lunghe e articolate ed il tono si fa più intimista, lucido, pacato e insieme delirante. In nessuno dei due casi, tuttavia, la tensione riesce a superare il livello di guardia. Per buona parte del racconto si ha come l’impressione di sapere come evolverà la storia; quando il colpo di scena arriva e dà la svolta alla trama non c’è quel picco adrenalinico che farebbe di questo thriller un buon thriller. Il finale, poi, risulta frettoloso ed abbozzato, quasi che dopo quattrocento pagine l’autore abbia cercato di chiudere il cerchio con una rivelazione a sorpresa, senza tuttavia essere pienamente riuscito nell’intento. Anche la caratterizzazione dei personaggi non è eccellente: l’assassino risulta essere il personaggio più approfondito, ma tutti gli altri – investigatori compresi – restano più o meno sulla superficie… ben poco che si ricordi a distanza di tempo, insomma.
In definitiva, un thriller appena passabile con qualche punta di interesse… C’è da sperare che non sia l’inizio dell’ennesima serie perché è difficile che possa migliorare in seguito.
L’autore, Bo Svernström (1964) dopo gli studi all’università di Göteborg ha lavorato a lungo come giornalista di cronaca nera per Aftonbladet, una delle maggiori testate svedesi. Victims è il suo primo romanzo, che in Svezia è stato in testa alla classifica dei libri più venduti. Vive a Stoccolma.
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