Pierluigi Porazzi, già noto per i romanzi come Azrael e L’ombra del falco (entrambi per Marsilio), torna in libreria con Una vita per una vita, giallo scritto insieme al giornalista Massimo Campazzo che oggi recensiamo qui al Thriller Café.
L’ispettore Cavalieri è alle prese con una serie di omicidi mascherati da suicidi che lasciano trapelare un preciso e subdolo piano criminale. Il romanzo è anche uno spunto per trattare un tema di grande attualità: il bullismo, un argomento che trenta anni fa era visto come un tabù e non si configurava ancora come reato. Sullo sfondo un sentimento di sofferenza che ritorna dal passato e che può esplodere in modo inaspettato.
Una vita per una vita è ambientato in una città del Nordest d’Italia, Udine, scossa da una serie di strani suicidi. Le vittime sono tutte persone ricche, belle, agiate. Nessuno di loro sembrava avere grossi problemi tali da giustificare un gesto estremo, eppure si sono tolte la vita.
La prima vittima nel romanzo è un noto avvocato di Udine e apparentemente tutto fa pensare a un suicidio. Accanto al corpo però viene trovato un biglietto in cui si fa riferimento a un misterioso avvenimento del passato. In poco tempo vengono ritrovati altri due cadaveri, si tratta di due donne anche loro apparentemente morte per suicidio e con un biglietto accanto al cadavere per spiegarne il gesto. L’elemento che li unisce sembra essere uno solo: una classe del prestigioso Liceo Stellini. La classe che ha frequentato anche l’ispettore Cavalieri. La polizia cerca di rintracciare tutti gli ex compagni di scuola, tra cui potrebbe nascondersi l’assassino, così Cavalieri si ritrova a scavare nel suo passato rivevendo le esperienze della sua giovinezza.
Il primo punto da risolvere è trovare un collegamento tra i diversi casi. Cos’hanno in comune l’avvocato Consigli, Sabina Zuliani e Mary Londero? L’ispettore Cavalieri già dal secondo caso comincia a non credere più alla tesi del suicidio e comincia a pensare che ci possa essere un unico assassino. Per risolvere il rompicapo c’è bisogno di tornare indietro nel tempo, rispolverando ricordi e un dolore solo apparentemente sepolto. Il noto liceo Stellini di Udine è il luogo dove questo rancore affonda le sue radici e anche l’unico punto in comune fra le vittime. È qui che l’ispettore cerca quell’elemento che possa costituire un indizio chiave per la risoluzione del caso un enigma che ripercorre l’intera trama del romanzo.
L’ispettore Cavalieri è un personaggio burbero, solitario. Sa che quei suicidi sono collegati tra loro e sono collegati a lui, al suo passato, a causa di questo sa che è proprio lui l’unico adatto a risolvere il caso. Cavalieri capisce subito che la chiave di ciò che sta accadendo è da cercare tra i suoi compagni di liceo. A causa del suo carattere anche lui era uno ai margini della classe. Le cose con gli anni per lui non sono molto migliorate. Un matrimonio che si trascina stancamente, una malattia che lo consuma fisicamente e mentalmente. Aggrapparsi a un caso da risolvere è tutto ciò che lo tiene ancora in vita.
Udine, una bella città in cerca di un’identità che sta cambiando non è solo uno sfondo, ma una protagonista della storia. Intere pagine del romanzo sono dedicate alla descrizione delle atmosfere di questa città come un omaggio a lei e al Friuli e alle sue tradizioni.
Tra i meccanismi narrativi più utilizzati c’è quello del ricordo. Il ricordo mancante, quello sepolto e accantonato, in questo romanzo le persone dimenticano troppo facilmente e ricordano sempre troppo tardi. Un romanzo che prevede una doppia voce narrativa, quella che riguarda la cronaca dei fatti e dei pensieri dell’ispettore Cavalieri e quella dell’assassino, in prima persona. La narrazione scorra veloce e senza intoppi, – anche se con qualche descrizione un po’ prolungata – in compenso la trama è ben congegnata. Interessante il parallelismo tra Cavalieri e l’assassino che alimentano nel lettore dei sospetti sull’identità di quest’ultimo… ma tutto è spiegato chiaramente nel finale. Il caso a tratti sembra solo accessorio al vero conflitto, quello interno al colpevole. Il movente è chiaro fin da subito: l’odio, la rabbia, repressa e covata per anni, e il bisogno di vendetta. Una classe di liceo come tante: ci sono i ragazzi e le ragazze più popolari, quelli che per aspetto fisico, origini familiari e abilità sono già destinati al successo. E poi c’è chi è svantaggiato, per povertà, classe sociale, vicende familiari etc. Come spesso accade, chi è più fragile diventa preda dei bulli. Gli scherzi e le prese in giro diventano sempre più pesanti, fino a degenerare in violenza, con conseguenze irreparabili. L’ispettore Cavalieri è impegnato a cercare risposte che trascendono la semplice indagine e che finiranno per costituire una vera e propria analisi introspettiva dell’uomo. Numerosi dei temi affrontati nel romanzo riguardano l’aspetto psicologico: il bisogno di vendetta, la asprezza dei delitti, l’intento di un assassino di far capire che ci sono cose, nella vita, peggiori della morte, ad esempio soffrire per la morte di qualcun altro. La storia è quella di un thriller ben congeniato, non mancano i colpi di scena finali con una trama intricata ma coerente. Si parla di bullismo, ma anche di emarginazione, solitudine e di come tutte le azioni che compiamo hanno ripercussioni su noi e sulle vite di chi ci circonda. La morale potrebbe essere: Assassini non si nasce, ma si diventa.
Un thriller che può piacere a tanti soprattutto a chi predilige i romanzi non troppo lunghi per avere un concentrato di suspense ed emozioni.
Porazzi e Campazzo ci conducono nei meandri più nascosti della coscienza dell’uomo, quando neppure il tempo riesce ad alleviare le conseguenze di un brutto episodio di bullismo, ecco che il rancore entra prepotentemente in gioco.
Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter
Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.