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Accogliamo al bancone del Thriller Café lo scrittore Gualtiero Ferrari e presentiamo Zetafobia 2 – La città morta, il seguito di Zetafobia (2018), entrambi pubblicati da Delos.
Domenico, sua moglie Lucrezia e il loro figlio vivono in completo isolamento da sei anni, da quando sono scampati per miracolo ad orde di non-morti, in seguito alla tremenda pandemia di H5n1v2, la mutazione del virus dell’aviaria che ha originato l’apocalisse zombie.
La bolla protetta che per tutto questo tempo li ha separati dal mondo e dai pericoli s’infrange all’improvviso quando un’auto senza controllo si schianta contro una cabina elettrica. All’interno c’è una donna in procinto di partorire. Se già quest’evento improvviso non fosse abbastanza inconsueto e difficile da spiegare, ciò che accade in seguito è ancora più strano ed inquietante: una volta dato alla luce il suo bambino, la donna taglia in tre pezzi il cordone ombelicale e chiede a Domenico di consegnare tutto al Distretto militare di Torino. Ottenute le rassicurazioni richieste, la donna commette un gesto inconsulto…
Domenico e la sua famiglia sono, ora, di fronte ad una decisione difficile: sono disposti ad imbarcarsi in una missione di cui non sanno nulla, per conto di una sconosciuta, esponendosi ai pericoli di rientrare nella Città Morta, Torino?
L’autore, Gualtiero Ferrari, è nato a Torino nel 1970 e qui ha vissuto per quasi tutta la sua vita. Di formazione economico-scientifica, si è avvicinato alla lettura durante l’adolescenza e, ormai adulto, ha trovato rifugio nella scrittura durante un difficile periodo personale. Dopo alcune antologie di racconti, nel 2018 ha pubblicato, per Delos edizioni, Zetafobia e, nel 2021, il seguito Zetafobia 2.
Vi lasciamo di seguito un estratto del romanzo perché possiate farvi un’idea di cosa andrete a leggere. Buona lettura!
“Tutte le notti lo stesso incubo.
Ogni volta che mi addormento, un mese dopo l’altro da oltre cinque anni, trascorro le ore che vanno dal tramonto all’alba in un eterno déjà-vu.
Una montagna di sabbia dalle vaghe fattezze umane mi opprime il petto rubandomi il respiro, mentre con gli occhi chiusi ripercorro la fine della civiltà umana.
Rivivo i giorni dell’incredulità e dello sgomento, quando i telegiornali sparavano notizie a raffica e le urla dei video amatoriali rimbombavano nelle orecchie, sovrastando le immagini che scorrevano sgranate sullo sfondo.
Il ricordo delle vittime sbranate dagli zombie m’infiamma i sensi.
Sudo.
Tremo.
Ho paura.
L’inconscio vomita immagini raccapriccianti.
Tante, troppe.
Talmente numerose da non permettere alla parte razionale di elaborarle, e si sovrappongono.
Il suicidio dei miei genitori si mescola al massacro dei militari, e la morte di Aurora si fonde col sacrificio di Alex, il fuciliere che non amava il suo cognome.
Ansimo, mi manca il respiro.
I muscoli si contraggono fino a imprigionarmi, impedendo qualsiasi movimento.
Sono sveglio, o credo di esserlo, ma resto bloccato, disteso sul materasso lercio, inerme.
Solo ora li vedo arrivare.
Sono migliaia, decine di migliaia!
È impossibile definirne l’ordine di grandezza.
Rimango ipnotizzato dall’orrore, incapace di distogliere lo sguardo fino a quando lo sciame circonda la casa.
Poco dopo sfondano il cancello. Si muovono lenti eppure in una manciata di secondi raggiungono la porta.
Lucrezia e Sebastiano piangono e io non posso fare altro che unirmi a loro.
Il legno cede.
Ci sono addosso.
Percepisco le mani che mi afferrano e rabbrividisco di fronte alle bocche spalancate.
Il tanfo putrescente della morte s’insinua nelle narici riscuotendomi dal sonno.
Sono lucido, però non riesco a muovermi.
Incatenato dal terrore che m’inchioda a terra attendo il sorgere del sole, conscio che là fuori ci sono miliardi di zombie pronti a divorarmi.
Dovrei aver paura. Anzi: vorrei avere paura, e invece non è così.
Alla fine ci si abitua a tutto, o quasi; ma al fottuto incubo che mi tormenta ogni singola notte, proprio non riesco a farci il callo.
È a causa sua se odio dormire.
Beh… non odio solo quello”.
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